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Accoglienza migranti. Occorre uscire dal “vicolo cieco” del diritto d’asilo in Europa.

Redazione

Presentato a Ferrara il rapporto “Il Diritto d’asilo. Accogliere, proteggere, promuovere, integrare” della Fondazione Migrantes

“Accogliere, proteggere, promuovere, integrare: sono esigenze sentite dai diversi governi d’Europa e da quello italiano in particolare, non solo a parole, ma nella pratica delle politiche che essi mettono in atto? E quanto lo sono, allo stesso tempo, per la società civile italiana ed europea?”.

Queste le principali questioni che hanno costituito il punto di partenza del rapporto “Il Diritto d’asilo. Accogliere, proteggere, promuovere, integrare”, lo studio della Fondazione Migrantes dedicato al mondo dei richiedenti asilo e rifugiati per l’anno 2018, che è stato presentato nei giorni scorsi a Ferrara.

Utilizzando come focus della ricerca tre specifiche prospettive geografiche – l’Europa, le questioni “a cavallo” fra Europa e Italia, e l’Italia –, il rapporto fornisce una serie di dati, analisi e proposte di soluzioni per uscire dall’impasse in cui è finita l’Unione Europea a causa della sua incapacità di affrontare quella che erroneamente in tutta Europa ci si ostina a voler definire come “crisi dei migranti”.

Erroneamente, e a ragione, ce lo conferma anche il rapporto della Fondazione Migrantes: nel 2017, tramite le “rotte” precarie e sempre più chiuse del Mediterraneo hanno raggiunto l’Europa oltre 171.694 migranti. Erano stati 363.504 nel 2016 e oltre 1 milione nel 2015. Gli arrivi, dunque, negli ultimi due anni risultano diminuiti – aumentanto solo, precisa il rapporto, nel Mediterraneo occidentale.

Come interpretare questo risultato? Gli strenui fautori della “lotta all’invasione”, dell’Europa fortezza delle politiche securitarie e della chiusura ostinata delle frontiere, diranno che la diminuzione degli sbarchi non è altro che la dimostrazione del “successo” delle recenti strette alle politiche migratorie – italiana ed europea.

Peccato che il Mediterraneo, spiega la Fondazone Migrantes, resti la “frontiera” più letale del mondo – più, addirittura, dell’altrettanto tristemente nota frontiera tra Stati Uniti e Messico. Tra il 2015 e il 2017, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa, sono morte 12.033 persone.

Se di “crisi” si deve parlare, occorre piuttosto parlare di crisi umanitaria.

In termini assoluti nel 2017 il numero di vittime è sceso a 3.119, contro le 5.143 dell’anno precedente. Ad aumentare rispetto al 2016 è stata invece, sia pure di poco, l’incidenza delle vittime sul totale delle persone che si sono imbarcate: oggi perdono la vita nelle acque del Mare Nostrum quasi 2 persone ogni 100 partite, mentre nel 2016 il dato si era attestato su poco più di una su 100 – e si tratta sempre di stime per difetto. Ancor più tristemente interessante risulterà la lettura di questo dato, se effettuata alla luce della dura polemica contro il lavoro delle ONG impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare e del conseguente “Codice di condotta” messo a punto dal Viminale con il benestare dell’Unione europea.

In Italia, continua il rapporto, nel 2017 sono arrivate 119.369 persone, il 34% in meno rispetto alle 181.436 del 2016. Secondo dati del ministero dell’Interno, nel 2017 hanno chiesto protezione in Italia circa 130 mila persone. Nel 2016 i richiedenti asilo erano stati 123.600, e 83.970 nel 2015. Di nuovo, se il dato concreto della riduzione in termini percentuali può servire da strumentale giustificazione delle recenti politiche di chiusura delle frontiere – di cui la legge Minniti-Orlando è diventato un macabro fiore all’occhiello – un minor numero di arrivi non è sinonimo di “soluzione”. Le politiche del governo italiano, in particolare il memorandum d’intesa con la Libia, possono, sì, aver avuto come effetto quello di “tenere lontane” molte persone dal confine italiano: delegando il controllo della frontiera alle autorità libiche, sono state impedite di fatto le partenze, rendendo la fuga dei migranti dalla Libia ancora più pericolosa (anche grazie alla strumentazione che inevitabilmente è usata dalle autorità libiche per attaccare le navi delle ONG durante le operazioni di soccorso), rendendo ancora più drammatiche le condizioni di vita dei migranti.

Sempre secondo dati del Viminale, si legge nel rapporto, nel 2017 sono state esaminate le domande di circa 80 mila richiedenti asilo ed è stata accordata protezione a oltre 30 mila di essi. Ma una larga maggioranza, poco sotto il 60%, si è vista respingere tale domanda.

Alla fine del 2017, l’Italia accoglieva 183.681 richiedenti asilo e rifugiati: appena il 3 per mille dei residenti.

Nel rapporto, un approfondimento è dedicato però anche ad un’analisi delle esperienze “virtuose” dell’accoglienza in famiglia: coloro, cioè, che hanno deciso di accogliere i migranti nella propria casa. Si parla di oltre 400 famiglie in tutta Italia negli ultimi tre anni, per un totale di 500 tra rifugiati e richiedenti asilo. Una pratica, questa, che in Italia ha una storia ormai quasi decennale, iniziata “dal basso”, che certo non può – e non deve – sostituire da sola una seria e responsabile politica di accoglienza, ma che ha le potenzialità per far crescere nuovi “spazi” di incontro e di relazione solidale (invece che di chiusura e contrapposizione), di cui sia l’Italia che l’Europa oggi hanno sempre più bisogno.

Il rapporto si conclude con quattro proposte per superare l’attuale crisi – che la Fondazione Migrantes definisce un vero e proprio «vicolo cieco» – del diritto d’asilo in Europa che, se accolte, avrebbero positive ricadute sull’intera società del vecchio continente, oltre che, naturalmente, sui percorsi di integrazione dei migranti stessi: 1) un nuovo regolamento di Dublino finalmente aderente al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati; 2) il rifiuto dei concetti di “Paese terzo sicuro” e di “Paese di primo asilo”, ad oggi solo proposti dall’UE ma in insanabile contrasto con la tradizione giuridica europea in materia di asilo; 3) l’introduzione di un regolamento a livello europeo che disciplini il “reinsediamento” dei rifugiati da Paesi terzi prevedendo per gli Stati membri obblighi chiari; 4) un’estensione della protezione sussidiaria, ancorandola alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Approfondimenti sul sito della Fondazione Migrantes.