A partire dal 1° luglio 2018, i nuovi arrivati in Australia potrebbero dover aspettare tre anni prima di poter accedere a determinate prestazioni di sicurezza sociale e di assistenza familiare
In un recente disegno di legge, il governo australiano ha proposto una serie di misure che limitano l’accesso al welfare per i nuovi migranti:
– l’introduzione di un periodo di attesa di tre anni prima che i nuovi residenti possano accedere ad una serie di prestazioni quali sussidi familiari, il congedo parentale retribuito e gli assegni di accompagnamento;
– l’estensione da due a tre anni del periodo di attesa per i residenti appena arrivati per poter beneficiare di specifiche prestazioni volte a supportare le persone temporaneamente incapaci di auto sostenersi attraverso il lavoro o che hanno una capacità limitata di lavorare (working age payments);
– l’estensione da due a tre anni del requisito di garanzia del sostegno finanziario per i visti familiari (in cui il migrante accetta di essere finanziariamente responsabile per un nuovo familiare in arrivo).
Se la proposta di legge verrà approvata, le misure in questione dovrebbero divenire effettive il 1° luglio 2018. Il ministro per i servizi sociali australiano, Christian Porter, ha dichiarato in un comunicato stampa che nel 2020-21 circa 50.000 famiglie avranno “scontato” il nuovo periodo di attesa per le prestazioni familiari: un’operazione che, secondo le stime del governo, dovrebbe far risparmiare alle casse australiane circa 1,3 miliardi di dollari.
In realtà, secondo la Federation of Ethnic Communities’ Councils of Australia (FECCA), la proposta di legge presentata lo scorso 15 febbraio dal governo australiano al parlamento “discriminerà decine di migliaia di residenti australiani semplicemente perché sono nuovi migranti”.
La stessa FECCA, ha recentemente sollevato ulteriori preoccupazioni sulla difficoltà per i migranti di accedere alla cittadinanza australiana, a causa di test di lingua inglese “troppo severi”. “L’integrazione”, commenta l’organizzazione australiana in proposito, “ha avuto successo laddove le persone sono state invitate a diventare cittadini all’inizio del loro percorso migratorio e dove le famiglie sono state incoraggiate ad unirsi a loro. I migranti devono essere supportati non solo nei loro sforzi per imparare l’inglese, ma anche per ottenere un’istruzione e trovare un’occupazione. Le misure che rendono loro più difficile ottenere la cittadinanza sono controproducenti”.
Sembra difficile, in effetti, non leggere in quest’ottica la proposta di legge in materia di accesso alle prestazioni sociali. L’“Emendamento legislativo sui servizi sociali (Incoraggiare l’autosufficienza dei migranti appena arrivati)” – così è stata intitolata la proposta di legge governativa – ha, di fatto, l’obiettivo di prolungare i tempi di attesa per i nuovi migranti per accedere a determinati sussidi, altrimenti previsti per i cittadini australiani.
Lo stesso ministro Porter ha affermato che dette misure “rafforzeranno il principio fondamentale secondo cui l’aspettativa degli australiani verso i migranti appena arrivati è che questi contribuiscano socialmente ed economicamente per un periodo ragionevole prima di avere accesso al generoso sistema di welfare della nostra nazione”. Le misure in questione, tuttavia, non si applicherebbero a chi arriva in Australia con visto umanitario.
Magra consolazione, se si considera che il Senato australiano ha stimato che il nuovo piano del governo per ritardare l’accesso dei nuovi arrivati alle prestazioni familiari, interesserà 110.000 bambini stranieri tra la sua entrata in vigore nel luglio 2018 e il 2021, si legge in un articolo del Guardian.
L’Australian Council of Social Service, (ACCOS) commenta il Guardian, ha condannato le misure governative come misure estremamente dure, che minacciano di spingere i nuovi migranti – spesso, proprio i più vulnerabili – verso condizioni di povertà e difficoltà sempre maggiore, creando così una nuova “sottoclasse di migranti”.
Se, da lato, il governo australiano sostiene quasi con fierezza che le novità proposte sono progettate per aiutare i nuovi migranti che arrivano per la prima volta in Australia a diventare “autosufficienti”, secondo una quanto mai anacronistica logica del “self-made man” in tempi di crisi e di rigurgiti nazionalisti, viene in realtà da chiedersi se tali misure non abbiano piuttosto l’effetto contrario di negare alle persone il sostegno del governo per raggiungere tale obiettivo. Secondo la FECCA, questa mossa metterà a rischio di povertà sempre più immigrati mentre cercano di stabilirsi in Australia: “la realtà”, ha dichiarato la presidente Mary Patetsos, “è che più migranti, come risultato di questa legislazione, dovranno affrontare ulteriori discriminazioni e ingiustizie”.