Oggi è il 25 aprile, anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, e noi questa giornata la festeggiamo.
Festeggiamo e cogliamo l’occasione per continuare ad interrogarci sul rapporto, pericoloso quanto indissolubile, tra fascismo e razzismo. Oggi più che mai sembra urgente e doveroso riconoscere che razzismo e fascismo hanno la stessa, profonda radice: l’odio e la volontà di sottomettere l’altro – che sia il diverso, lo straniero, il più debole, il popolo, attraverso l’uso – e l’abuso – della propria posizione di potere.
Fenomeni di razzismo e una sua legittimazione ideologica si erano radicati in Europa – e, in generale, nel mondo occidentale – ben prima dell’ascesa del nazifascismo: il colonialismo otto-novecentesco è stato interamente costruito sulla retorica della “missione civilizzatrice dell’uomo bianco” e sulla presunta superiorità di quest’ultimo rispetto alle altre etnie e popolazioni della Terra.
Ci si è spesso interrogati – ed è bene continuare a farlo oggi – sulle radici del razzismo fascista in Italia e sul suo insidiarsi, attecchire e maturare, nel corso del tempo: da posizione originariamente sostenuta e appoggiata da una parte degli esponenti del regime, a fenomeno politico diffuso, condiviso, legittimato, fino ad essere infine ratificato nel sistema normativo del Paese. Nel 1938, con la pubblicazione del “Manifesto del razzismo italiano”, che fu poi trasformato in decreto con la firma del re Vittorio Emanuele III, anche in Italia fu promulgato un insieme di provvedimenti legislativi che marcavano la differenza tra gli italiani “ariani” e gli ebrei “non italiani”: le tristemente note leggi razziali.
Da allora, il fascismo in Italia – così come già stava avvenendo con il nazismo in Germania – ha fatto della “difesa della razza” la propria bandiera, e dell’annullamento delle “razze inferiori” la propria arma sterminatrice.
Queste storie, potremmo dirci, le conosciamo. Le abbiamo studiate, ripetute, sentite raccontare tante e tante volte – a scuola, a casa, sui libri, alle interminabili cene dai nonni, o alle altrettanto interminabili riunioni di questa o quella associazione, partito o movimento di cui facciamo o abbiamo fatto parte.
Oggi, tuttavia, crediamo che ci sia bisogno di ripassarsele ancora una volta. Noi, in ogni caso, questo bisogno lo sentiamo forte.
Oggi che lo spettro del razzismo e di rinnovate forme di fascismo si riaffaccia, prepotente, in Italia e in tutta Europa. Uno spettro insidioso, diffuso, che coincide con il rigetto e la paura nei confronti dello straniero, dell’immigrato, del profugo, del rifugiato…dipinto ad arte, additato e percepito come minaccia e come nemico “facile” contro cui scagliarsi a fronte della sempre maggiore precarietà delle proprie condizioni di vita. Precarietà che, complice un’ignoranza volutamente sempre più dilagante e la mancanza di prospettive dignitose, diventa per molti fonte di frustrazione e rabbia in cui il razzismo, se non opportunamente combattuto, si annida, cova, si rafforza fino a venire apertamente professato e ostentato come manifestazione, feroce e spietata, di un’identità “collettiva”.
Ed è così che migliaia di migranti che cercano di arrivare in Europa, che sono già arrivati negli anni, e che continueranno ad arrivare, vengono lasciati morire, o condannati per legge a essere “clandestini”, privati dei diritti e della dignità, trattati come intrusi o criminali, rifiutati e rigettati negli abissi più neri della miseria umana e della storia.
Su questo terreno così arido e accidentato, le lusinghe del fascismo acquistano fascino e si fanno più persuasive: ma non attecchiranno finché ci sarà anche una sola voce a contrastarle, a ricordare, leggere e cantare le storie della Resistenza e dei partigiani che ormai oltre settant’anni fa donarono la propria vita per la libertà di tutti; non attecchiranno finché, oggi come ieri, ci sono persone che continuano a denunciare gli abusi, a salvare vite, ad ergersi in difesa di chi è ritenuto diverso e perciò sfruttato, sottomesso, emarginato; non attecchiranno finché a chi respinge risponderà chi accoglie e a chi costruisce muri risponderà chi quei muri, invece, sa solo come abbatterli.
Per questo, oggi, festeggiamo. Per ricordarci e ricordare e per unirci, nel ricordo, alla Festa di tutte e tutti coloro che oggi come settant’anni fa rifiutano il fascismo e il razzismo e fanno della solidarietà, della libertà e della giustizia la propria bandiera, in difesa di tutti i popoli e di ogni essere umano.
Immagine da AGF.