A casa, nel mondo

Nell’ambito del nostro Osservatorio “Brexit”, pubblichiamo una rubrica dedicata agli aggiornamenti e alle novità principali in merito ai negoziati sulla Brexit.

Deal o no-deal? Continuano -con fatica- i negoziati tra Londra e Bruxelles.

Il Consiglio europeo appena concluso non ha dato i risultati sperati: anziché imprimere un’accelerazione definitiva ai negoziati, la premier britannica e i leader europei se ne sono tornati a casa con un nulla di fatto. A riprova di questo nuovo stallo, sembra che i 27 abbiano infatti deciso di lasciare in sospeso anche il prossimo vertice straordinario, che era previsto per il 17-18 novembre, fino a quando non saranno compiuti passi avanti concreti.

Il maggiore e decisivo punto di disaccordo, secondo quanto riportato in seguito al vertice di Bruxelles, è sempre lo stesso: la questione del confine irlandese. Resta quindi ancora da sciogliere il nodo del backstop sulla frontiera tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda – ossia la “soluzione di sicurezza” che garantisca un regime almeno temporaneo di libera circolazione di merci e persone attraverso il confine irlandese, permettendo quindi di mantenere un confine “non rigido”, anche in caso di no deal. Ad oggi, continua a non esserci accordo su come tale regime debba funzionare: se l’UE insiste per mantenere l’Irlanda del Nord nell’unione doganale e nel mercato unico europeo anche in caso di divorzio no deal, Theresa May sembra ritenere una tale proposta “inaccettabile”.

Contemporaneamente, sembra farsi strada l’ipotesi di un’estensione del periodo di transizione post-Brexit (finora previsto da aprile 2019 al 31 dicembre 2020, in caso di accordo entro il marzo prossimo): un prolungamento di un anno che potrebbe permettere di avere più tempo per raggiungere un compromesso stabile. La premier britannica sembra aprire a tale ipotesi, alimentando così i malumori oltremanica, dal momento che l’idea è altamente impopolare tra i Brexiteers, niente affatto entusiasti all’idea di rimanere vincolati all’UE anche dopo averla lasciata. Durante il periodo di transizione in seguito all’uscita dall’UE, infatti, il Regno Unito dovrebbe continuare a implementare le normative europee, rimarrebbe nell’unione doganale e nel mercato unico e resterebbe sotto la giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea. Con una differenza: il Regno Unito non avrebbe più alcuna rappresentanza nel Parlamento europeo, nel Consiglio e nella Commissione – e, pertanto, nessuna voce in capitolo nella formulazione di norme e politiche.

Il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, uscendo dal vertice di Bruxelles, ha dichiarato: “se il Regno Unito decidesse che un’estensione del periodo di transizione sarebbe utile a raggiungere un accordo, sono sicuro che i leader europei saranno pronti a considerare questa possibilità”.

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