A casa, nel mondo

I problemi generati dalla crisi dovuta alla pandemia Covid in termini di diritti e sicurezza dei lavoratori romeni e il lavoro di assistenza, tutela e informazione dell’INCA Romania. Un racconto di Emilia Spurcaciu

La situazione della pandemia in Romania, l’attività del nostro ufficio, i problemi generati dalla chiusura delle frontiere, sono alcune delle cose di cui vogliamo raccontarvi in questo articolo.

La Romania è il Paese che genera il maggiore flusso di lavoratori in mobilità (stagionali e non solo) all’interno dell’UE. Per avere un’idea dei numeri dichiarati dalle ambasciate della Romania in Paesi UE e non solo, nel 2019 abbiamo: in Italia 1.2 milioni, Germania 965.000, Spagna 673.000, UK 435.000, Francia 300.000 lavoratori romeni.

In questo contesto, la crisi dovuta alla pandemia Covid-19 ha portato alla luce anche in Romania le fragilità di un sistema in cui lavoratori che per vivere sono costretti ad emigrare – anche temporaneamente -, finiscono per non essere tutelati. La mancanza di manodopera nei vari Paesi sopracitati, ad esempio, causata dalla pandemia (stato di emergenza e conseguente chiusura delle frontiere) ha fatto sì – tra le altre cose – che si verificassero veri e propri momenti di tensione e situazioni di mancato rispetto delle normative in atto per garantire la sicurezza delle persone e dei lavoratori stessi. Il 9 aprile 2020, in un contesto di stato d’emergenza che interessava l’intero Paese (coprifuoco dopo le ore 22, regioni dichiarate zone rosse e quindi in quarantena totale, aeroporti chiusi e voli vietati verso Paesi individuati come a rischio, tra cui Francia e Germania), i vari TG delle TV romene mostrano sullo schermo delle immagini che, visto il contesto, stupiscono e preoccupano molto. Nell’aeroporto di Cluj (al momento chiuso per l’emergenza), dopo aver percorso 260 km partendo da Suceava (una delle regioni “rosse”) in pullman, di notte, 2.000 persone sono stipate in attesa di partire per la raccolta dell’asparago bianco in Germania.

L’impatto di quelle immagini è stato naturalmente spiazzante, considerando il contesto in cui avveniva: si viveva in un clima caratterizzato dalla paura di uscire di casa e dell’incertezza, quindi vedere tutte quei lavoratori ammassati nell’aeroporto di Cluj, suscitò molta preoccupazione e dubbi…tanto che, solo due giorni dopo, si è svolta al Parlamento un’audizione dei ministri del lavoro e degli esteri sulla questione. In quella sede, sono emerse le prime cifre ufficiali riguardanti le partenze: 30-40.000 lavoratori stagionali risultavano partiti con aereo o treno, mentre circa 4.000 erano partiti con un mezzo proprio e senza un contratto di lavoro. Per quanto riguarda i 2.000 lavoratori stipati nell’aeroporto di Cluj, i due ministri dichiaravano di non sapere niente e di non aver autorizzato né il viaggio fra le due regioni (una di queste in quarantena totale), né l’apertura dell’aeroporto stesso. Non c’era chiarezza sull’esistenza di accordi bilaterali con i Paesi di destinazione. Il ministro del lavoro prendeva l’impegno di recarsi in Germania per verificare personalmente la situazione e le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori, ma anche per chiarire la copertura sanitaria degli stessi in caso di contagio (contagio avvenuto, purtroppo, per migliaia di lavoratori romeni in Germania).

Le partenze sono proseguite poi, oltre che con le stesse modalità – voli charter a carico dei datori di lavoro verso vari Paesi (Germania, UK, Olanda, Francia) –, anche tramite appositi treni, organizzati mediante accordi bilaterali – ad esempio con l’Austria, che all’epoca dichiarava di avere bisogno di almeno 30.000 badanti romene.

In questi mesi così delicati, INCA Romania è stata punto di riferimento, oltre che nell’aiuto e nell’assistenza diretta alle tante lavoratrici e lavoratori, anche nell’informazione. Tanto che siamo stati contattati da più testate giornalistiche e TV italiane per fare il punto sulla situazione in Romania, ma anche da radio romene per spiegare le misure previste in Italia. Ci siamo quindi messi in contatto con le autorità romene e con i compagni dei sindacati nazionali, e abbiamo raccolto informazioni importanti sul problema dei lavoratori in partenza. Abbiamo così appreso che i voli charter per portare i lavoratori romeni in Germania erano stati organizzati e pagati dai datori di lavoro che avevano un forte bisogno di manodopera. I lavoratori stagionali partivano dopo aver firmato, all’aeroporto, un contratto di lavoro con agenzie di lavoro romene. Sono sorte molte perplessità sul rispetto dei diritti di questi lavoratori, sulle loro condizioni di lavoro e di vita (come si è scoperto ulteriormente, alcuni vivevano in condizioni di non rispetto delle norme e delle misure di prevenzione vigenti durante la pandemia e vi sono stati molti contagi).

Un’altro problema emerso è stata l’organizzazione del trasporto in aereo in senso “unilaterale”: si pensava, sì, a far arrivare i lavoratori di cui ci fosse bisogno in quel momento, mentre la possibilità di un rientro nel Paese di origine non veniva contemplata (abbiamo visto, in seguito, casi di lavoratori letteralmente “buttati in strada”, che non avevano modo di rientrare e chiedevano aiuto allo Stato per il rimpatrio).

All’epoca di cui vi raccontiamo, il Premier dichiarava che dal 23 febbraio al 12 aprile risultavano rientrati in Romania 1.279.000 romeni (sopratutto dall’Italia, Spagna, Germania, Francia e il Regno Unito). Si stimava che 350.000 di questi fossero in cerca di lavoro (senza reddito) e che 90.000 sarebbero ripartiti per lavorare all’estero.

Come INCA Romania, abbiamo ricevuto diverse chiamate da lavoratori romeni rientrati, i quali chiedevano se esistesse qualche misura rivolta a loro. Purtroppo, non sono state prese delle misure di questo tipo: l’unica possibilità per loro era di provare a fare domanda per il reddito minimo garantito (L.416/2001), il cui ammontare è intorno ai 50 euro mensili a persona – una cifra irrisoria, specie per poter mantenere una famiglia. Per avere un’idea del mercato del lavoro in Romania: su un numero di lavoratori attivi di 5.630.000 (dati del 2019), un 24% (1.350.000) percepisce il salario minimo imposto dalla legge (465 euro lordi mensili, quindi 280 euro netti). Per il settore dell’edilizia la situazione è migliore, in quanto è stato dichiarato settore prioritario (e il salario minimo mensile è di 500 euro netti). Se prima della pandemia un altro grande problema con il quale si confrontava la Romania era il deficit di manodopera (c’era un bisogno di oltre 1 milione di lavoratori), in seguito al lockdown dovuto alla pandemia la situazione è cambiata: a giugno 2020 vi erano 1.5 milioni di lavoratori in cassa integrazione e 474.000 disoccupati (in tutto questo, la Romania non ha previsto misure di divieto di licenziamento).

Durante il lockdown, INCA Romania ha continuato a svolgere la sua attività di assistenza e tutela telematicamente e siamo stati in stretto contatto con l’Ambasciata di Romania in Italia per i tanti casi di lavoratori romeni che si trovavano in situazioni complesse e delicate, facendo un cruciale “lavoro di rete” con le sedi Cgil nel territorio italiano, o sollecitando le istituzioni romene interessate. Abbiamo continuato a lavorare con le istituzioni romene con le quali abbiamo protocolli di collaborazione in atto (CNPP – Cassa Nazionale Pensioni Pubbliche, Anitp– Agenzia Nazionale Antitratta, DRP –il dipartimento per i romeni all’estero), con i compagni dei sindacati romeni e le ong che operano a sostegno del rispetto dei diritti dei lavoratori e delle persone.

Siamo inoltre diventati partner in due progetti europei. Il primo, assieme all’Agenzia Nazionale Antitratta – è il progetto “Riduzione dell’ampiezza della tratta di esseri umani attraverso una migliore informazione dei cittadini” e ha come obiettivo generale quello di aumentare il livello di informazione e consapevolezza della popolazione nel suo insieme e dei gruppi a rischio per quanto riguarda le implicazioni della tratta di esseri umani, anche nella forma dello sfruttamento lavorativo. Il secondo, assieme alla ong romena CPE – è il progetto BRIGHT – Building RIGHTs-based and Innovative Governance for EU mobile women, il quale promuove l’innovazione delle politiche sociali per l’esercizio dei diritti delle cittadine europee in condizioni di esclusione in 4 aree del Sud-Italia (in capo a Actionaid in Italia).

Abbiamo poi firmato un accordo di collaborazione anche con eLiberare, un’altra ong che si occupa della tratta delle persone in Romania, insieme alla quale lavoriamo ad un progetto di prevenzione riguardante lo sfruttamento del lavoro, tramite una distribuzione massiccia di materiale informativo nei luoghi legati alla partenza dei lavoratori romeni verso altri Paesi, e la creazione di una piattaforma informativa online.

Torneremo a raccontarvi delle nostre campagne informative e dei nostri progetti nelle prossime settimane, continuando a mettercela tutta nel nostro lavoro di assistenza, tutela e prevenzione all’interno di tutta la nostra rete.