Una lotta costante per combattere la xenofobia, l’euroscetticismo e la disinformazione dilagante delle destre populiste e neofasciste: una riflessione sul futuro dell’Unione in vista delle prossime elezioni europee di maggio durante l’incontro di Solidar dell’11 aprile.
A rincorrersi su tutte le testate del globo nelle ultime ore, diverse visioni del mondo e dell’Europa: progressismo, solidarietà e unione da un lato, populismo, sovranismo e sentimenti xenofobi dall’altro.
Mai come prima avevo percepito questa spaccatura così evidente, a causa delle campagne portate avanti dalle varie figure politiche di spicco, delle loro azioni e dichiarazioni.
Nella mia pur breve esperienza, mi sento di poter dire che attualmente Bruxelles respira aria di solidarietà, dialogo e voglia di incontrarsi: a contribuire, forse, proprio l’attesa per le prossime elezioni europee che avranno luogo a fine maggio e la consapevolezza di quanto, rispetto al passato, questo voto risulti determinante per il futuro dell’Unione europea e del mondo che vogliamo.
Non sempre gli elettori sono in grado di prevedere le conseguenze e il potere che possa avere una crocetta impressa su una lista, basti pensare a come durante la campagna per la Brexit, ad esempio, il voto sia stato condizionato sulla base di false promesse e disinformazione, cavalcando i malumori popolari. Si mira dunque a responsabilizzare i cittadini rispetto al diritto al voto (l’”incoscienza” degli elettori è un aspetto che viene talvolta sottovalutato, si pensi per esempio che nel 2014 solo il 42% degli europei si è presentato alle urne).
A raccogliere sempre più consensi, negli ultimi mesi e anni, sono le destre populiste e neofasciste emergenti in tutta Europa: si direbbe un ritorno al passato, e non di quelli “nostalgici”, che pullula di xenofobi, conservatori, razzisti, manipolatori di informazioni – e, comunque, tutti accomunati da un profondo euroscetticismo.
A incarnare questi valori nell’Europa attuale sono esponenti di movimenti e partiti politici che hanno fatto della “lotta all’immigrazione” il loro cavallo di battaglia e dei migranti il principale capro espiatorio contro cui scagliarsi e scatenare la rabbia e le frustrazioni di una popolazione stanca e spezzata da un sistema economico e sociale che ha tolto loro diritti e tutele.
A sostegno di questa retorica dell’odio, una vera e propria macchina della disinformazione è stata messa in piedi, nei diversi Paesi europei e a livello internazionale, per la canalizzazione di fake news, false informazioni che hanno l’unico dichiarato scopo di alimentare la paura e i pregiudizi e rafforzare il consenso alle forze conservatrici.
Come raccontare “un’altra storia”? Come preservare e rafforzare l’Europa che vogliamo, fondata su inclusività, solidarietà, uguaglianza e giustizia?
Le prossime elezioni europee saranno una tappa cruciale in questo processo. Lo scorso 11 aprile a Bruxelles si è svolto un incontro in proposito organizzato da Solidar dal titolo “How to mobilise critical voting for building Social Europe”.
Tema principale è stata la sensibilizzazione ad un voto critico e ponderato, partendo dalle realtà attuali e concrete, vicine alle persone: le “emozioni” non sono più sufficienti, bisogna che si affrontino onestamente e concretamente le contraddizioni della società attuale affinché sia possibile trovare un equilibrio e informare in maniera corretta gli elettori.
Tutti, è stato detto da molti in quella occasione, hanno paura di “perdere” qualcosa, è innegabile, sta nella natura dell’uomo – specie in tempi di crisi.
Negli ultimi tempi, questo sentimento di paura e incertezza diffusa è stato amplificato dalle parole delle destre, ma affrontare politiche e campagne “scorrette”, basate su minacce, promesse a vuoto e informazioni devianti lascia emergere la necessità di arginare nuovi problemi, primo fra tutti l’utilizzo pretestuoso del fenomeno della migrazione come capro espiatorio per giustificare il deterioramento delle condizioni socioeconomiche e l’incremento delle disuguaglianze tra e all’interno dei Paesi europei, che porta ad un clima sempre più aspro e feroce di razzismo diffuso e dilagante.
“Chiudere le frontiere” viene presentata come l’unica soluzione possibile e necessaria per contenere il fenomeno della migrazione, fenomeno che viene dipinto ad arte come portatore di “tutti i mali del mondo”. In realtà, sappiamo benissimo che la cosiddetta “crisi migratoria” è, se mai, la realizzazione di una “crisi di solidarietà” – e ad un problema umanitario spetta una soluzione umanitaria: i migranti non sono il nemico e alimentare e sostenere le ragioni di chi vuole le frontiere chiuse significa voltare le spalle a migliaia di persone che altro non cercano se non una vita migliore, lasciarle in pericolo, lasciarle perseguitare, lasciarle morire.
Sono convinta che, invece, se il processo politico dona ispirazione, si crei empatia nelle persone dando vita a un vortice di dinamismo che le rende più attive anche sul fronte della partecipazione. Mi sembra necessario ascoltare e coinvolgere i cittadini anche discutendo concretamente di dimensioni più “vicine a loro”, sia in senso letteralmente geografico, che in termini di facilitare il processo partecipativo, renderlo più accessibile, anche ad esempio attraverso nuovi strumenti di mediazione linguistica laddove necessario – solo in questo modo si costruiscono le basi per il raggiungimento dell’inclusività.
Non è possibile rendere concrete queste parole senza dare spazio e ascoltare anche i giovani, da un lato perché costituiscono una delle fasce di elettori più numerosa e dall’altro perché sempre più sfiduciati dalla politica a causa del rincorrersi di scandali, promesse spesso vacue e manipolazioni.
È opportuno che l’Unione europea abbia in programma di investire sempre di più nell’educazione, affinché si possano promuovere efficacemente le conoscenze e, soprattutto, gli strumenti di emancipazione che consentano di rafforzare la società democratica in cui viviamo.
Credo fortemente che sia necessario che ogni elettore sia concretamente impegnato nella scelta del nostro futuro, perché solo in questo modo si può rispettare e “ridare vita” al progetto di Unione europea delle origini: quella della comunità, della solidarietà, della convinzione che la democrazia e i diritti di tutti sono più forti se li difendiamo insieme.
Come ha detto il filosofo austriaco Karl Popper, “essere ottimisti è un dovere. Il futuro è aperto, non è prestabilito. Nessuno può predirlo, ad accezione delle nostre scelte: tutti contribuiamo a definirlo attraverso le nostre azioni. Siamo tutti ugualmente responsabili per il suo successo”.