A casa, nel mondo

 

Il 24 ottobre a Roma, è stato presentato il “Rapporto Italiani nel Mondo” per l’anno 2018. Dal rapporto, redatto dalla Fondazione Migrantes, risultano oltre 5 milioni gli italiani attualmente residenti all’estero.

È dal 2006 che la Fondazione Migrantes si occupa di redigere il “Rapporto Italiani nel Mondo”, al fine di fornire una panoramica globale sul numero di concittadini espatriati e sulle mete prescelte, al fine di informare e risvegliare un maggiore interesse nella società italiana che a differenza di altre realtà europee si vede protagonista, negli ultimi anni, da forti ondate di emigrazione.

Se c’è oggi una emergenza in Italia relativa al mondo della mobilità, questa non riguarda il numero dei migranti che arrivano nel nostro Paese – un numero di persone sempre più limitato e che per lo più intendono proseguire il viaggio verso altri Paesi – ma il numero crescente di italiani e persino di immigrati, che in questi ultimi anni sta uscendo”, questo è quanto ha affermato don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, all’apertura della presentazione del rapporto.

Secondo quanto esposto nel rapporto, dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) a più di 5,1 milioni. Al 1° gennaio 2018 gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE, riferisce il Rapporto, sono 5.114.469 – l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data. Un numero che è aumentato del +2,8%, nell’ultimo anno (+6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni). Secondo quanto affermato da Delfina Licata, curatrice del Rapporto, non solo si è assistito a un incremento della mobilità italiana, ma anche a una migrazione al contrario di “circa 25.000 migranti, che tornano nei loro Paesi: Bangladesh, Pakistan, India, Brasile”.

Da un lato, sono particolarmente interessanti i dati relativi al fenomeno della neo-mobilità, termine con il quale si vogliono sottolineare sia la contemporaneità che la fluidità del flusso migratorio. Si tratta di giovani e giovani adulti, di età compresa tra i 20 e i 40 anni che hanno lasciato l’Italia nell’ultimo anno o, al massimo, negli ultimi 5 anni spostando la propria residenza in altri paesi del mondo. Il 37,4% del totale di chi parte (quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. I giovani adulti, ovvero la classe tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale (poco più di 32 mila persone). Ci si riferisce a coloro che vengono erroneamente definiti come i “cervelli in fuga”, dando per scontato il possesso di un titolo di studio medio-alto e la possibilità di riuscita positiva nel paese di arrivo. Purtroppo “non è così per tutti e i dati, quando non espressamente quantitativi sicuramente qualitativi, lo descrivono molto bene” delineando una categoria composita ed eterogenea, come sottolineato da Delfina Licata.

Dall’altro, una crescita di mobilità decisamente importante la si riscontra nella fascia di italiani over 50 (definiti nel Rapporto Italiani del Mondo “migranti maturi disoccupati”). Ovvero quelle persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia. In quest’ultima, sottolinea infatti il rapporto, spesso si annida la precarietà a più livelli: la disoccupazione cioè può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari. In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o “tamponare” la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni, scrivono i ricercatori Migrantes. Non si deve inoltre pensare che si tratti di una mobilità prevalentemente maschile (anche se i maschi sono il 55% del totale) poiché si rileva, infatti, il peso importante delle partenze dei nuclei familiari.

Un altro profilo da considerare è il “migrante di rimbalzo” ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero, è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia “in paese”, ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di ripercorrere la via del rientro nella nazione che per tanti anni lo ha accolto da migrante e che oggi, stante le difficili condizioni socio-economiche vissute dall’Italia, gli assicura un futuro migliore.

Ma da dove partono e dove sono diretti tutti questi italiani?

Nell’ultimo anno gli italiani sono partiti da 107 province differenti e sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza. La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816).

A livello continentale l’Europa accoglie il numero più alto di cittadini italiani (54,1%) e, in particolare, l’UE15 (40,3%) mentre nelle Americhe si registra una presenza del 40,3% con una maggiore concentrazione nel Centro-Sud (32,4%).

La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870). Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Il Portogallo, invece, registra la crescita più significativa (+140,4%). Da evidenziare, anche, la crescita del Brasile (+32,0%) e quelle della Spagna (+28,6%) e dell’Irlanda (+24,0%).

Oggi la mobilità italiana è spinta da un ventaglio plurimo di motivazioni che vanno dalla ricerca di una stabilità economica e di una occupazione a ragioni di ordine personale e/o culturale, dal bisogno di sentirsi professionalmente realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita, dal voler confrontarsi con altre realtà al rifiuto di un sistema nazionale, quello italiano per l’appunto, in cui non ci si identifica più.

In ogni caso, i risultati della Fondazione Migrantes ci confermano un dato che, nel corso degli ultimi anni, si è fatto sempre più concreto: l’Italia di oggi è tornata a essere un Paese di emigrazione. Se estendiamo lo sguardo, non possiamo vedere il percorso dei 5 milioni di italiani all’estero come scollegato o distinto da quello delle altre centinaia di migliaia di persone in Europa e nel mondo che scelgono – quando possono scegliere – di provare a costruire per sé stesse e le loro famiglie nuove rotte, nuovi percorsi migratori e di vita in Paesi diversi da quello di origine.

La migrazione è un processo collettivo, che investe fasce sempre più ampie di persone in un contesto globale messo a dura prova da condizioni economiche e sociali precarie e da politiche di chiusura, anziché di apertura e solidarietà. L’unica alternativa che vediamo, oggi, è quella di far leva sulla forza della diversità e dell’accoglienza, per costruire ponti e non muri e per superare paure, pregiudizi e precarietà – dentro e fuori i confini dell’Italia e dell’Europa.

Per maggiori informazioni consultare il sito migrantesonline.it