In un comunicato stampa della Corte di Giustizia europea dell’11 gennaio 2018, sono state riportate le conclusioni dell’avvocato generale Wathelet in merito alla nozione di «coniuge». Quest’ultima comprenderebbe, con riferimento alla libertà di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, i coniugi dello stesso sesso.
Secondo le Conclusioni dell’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea: “Anche se gli Stati membri sono liberi di autorizzare o meno il matrimonio tra persone dello stesso sesso, essi non possono ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell’Unione rifiutando di concedere al suo coniuge dello stesso sesso, cittadino di uno Stato non UE, un diritto di soggiorno permanente sul loro territorio”. Di conseguenza, anche una persona che ha lo stesso sesso del proprio coniuge può soggiornare in modo permanente sul territorio dello Stato membro in cui quest’ultimo si è stabilito quale cittadino dell’Unione dopo avere esercitato la propria libertà di circolazione.
Allo stato attuale, una persona che desidera spostarsi in uno Stato membro dell’UE, sia da un altro Stato membro che da uno Stato non appartenente all’UE ha diritto, a determinate condizioni, a farsi raggiungere dal proprio coniuge. Tuttavia, le coppie dello stesso sesso non sempre godono dello stesso diritto, anche nel caso in cui abbiano stipulato un contratto come coppia di fatto registrata o si siano unite in matrimonio. In base al diritto comunitario, spetta infatti a ciascun Stato membro decidere se consentire o meno il riconoscimento dei matrimoni o delle unioni tra persone dello stesso sesso.
L’articolo 6, paragrafo 2, del Trattato dell’Unione europea stabilisce che gli Stati membri debbano conformarsi al rispetto dei diritti fondamentali – incluso il divieto di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale in fase di applicazione della normativa europea. Pertanto, sebbene quest’ultima non obblighi gli Stati membri a riconoscere le relazioni o i matrimoni tra persone dello stesso sesso, obbliga comunque gli Stati membri non discriminare le coppie dello stesso sesso, ovvero a trattarle in maniera uguale alle coppie di persone di sesso opposto nell‘applicazione della legge dell’UE (compresa nell’applicazione della legge relativa alla libera circolazione dei cittadini, alla migrazione e all’asilo). La direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione consente a un cittadino dell’UE, a determinate condizioni, di spostarsi e di risiedere con il proprio coniuge in qualunque Stato all’interno dell’UE. Ai sensi della direttiva, se lo Stato ospitante tratta le unioni di fatto registrate al pari di quelle matrimoniali, i partner del cittadino UE avranno gli stessi diritti di un “coniuge”. Un cittadino europeo che si stabilisca in un altro Stato dell’Unione può portare con sé o farsi raggiungere dal proprio coniuge in quanto tale, ovvero anche se questi non rientra in una delle categorie che consentono al cittadino UE di poter circolare e risiedere nel territorio dell’Unione (ovvero essere studente, lavoratore, o possedere le risorse necessarie al proprio mantenimento). Tuttavia, se lo Stato membro di arrivo non riconosce i matrimoni o le unioni tra persone dello stesso sesso, allora tale persona ha diritto ha ricongiungersi con il proprio partner solo se rientra anch’essa in una delle suddette categorie.
Un cittadino dello stesso sesso del proprio partner, che desideri risiedere in un altro Stato membro dell’UE deve quindi trovarsi in una delle situazioni seguenti: 1. la coppia si è sposata nel proprio Stato di origine e lo Stato ospitante riconosce la validità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, attualmente sono ancora numerosi gli Stati europei che non riconoscono la validità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso: in tali Stati, i coniugi dello stesso sesso non saranno probabilmente riconosciuti come “coniugi” e di conseguenza la loro libertà di circolazione può rischiare di essere sottoposta a talune restrizioni; 2. la coppia ha registrato la propria unione di fatto presso lo Stato di origine: anche in questo caso, tutto dipende dunque da come lo Stato ospitante considera le unioni registrate. Ad oggi, la normativa comunitaria non impone alcun obbligo agli Stati membri in merito al riconoscimento delle unioni registrate; 3. infine, l’ultima possibilità è quella in cui lo Stato ospitante non riconosca i matrimoni o le unioni registrate tra le persone dello stesso sesso o, semplicemente, la relazione non sia stata formalizzata. La coppia rientrerà quindi nell’ambito delle norme che regolano le unioni di fatto non registrate: in questo caso, il partner dello stesso sesso di un cittadino UE che abbia esercitato la libertà di circolazione, non godrà degli stessi diritti di cui godono i coniugi ai sensi della normativa europea. La direttiva sulla libera circolazione si limita a stabilire che gli Stati membri sono tenuti ad “agevolare l’ingresso e la residenza” dei partner non registrati, nel caso in cui si tratti di “relazione duratura”, formula che, naturalmente si presta a differenti interpretazioni.
Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Melchior Wathelet precisa che, anche se gli Stati membri sono liberi di prevedere o meno il matrimonio tra persone del medesimo sesso nel proprio ordinamento giuridico interno, essi devono rispettare gli obblighi loro incombenti rispetto alla libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione. Constatando che, “alla luce dell’evoluzione generale delle società degli europei nel corso dell’ultimo decennio in materia di autorizzazione del matrimonio tra persone dello stesso stesso”, egli conclude che la nozione di “coniuge” ai sensi della normativa europea debba dunque comprendere anche i coniugi dello stesso senso. “Di conseguenza, anche una persona che ha lo stesso sesso del proprio coniuge può soggiornare in modo permanente sul territorio dello Stato membro in cui quest’ultimo si è stabilito quale cittadino dell’Unione dopo avere esercitato la propria libertà di circolazione”.
Pur se le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano in alcun modo la Corte di Giustizia, si può tuttavia augurarsi che queste vengano prese in considerazione dai giudici europei al fine di formulare la sentenza, che verrà pronunciata in una data successiva.
In attesa della pronuncia della Corte, che monitoreremo, le conclusioni dell’Avvocato Generale si possono leggere qui.