Emilio di Lorenzo, giovane migrante italiano a Londra, ci regala una riflessione sulle interconnessioni tra due fenomeni cruciali della nostra epoca
Quello delle migrazioni è un tema estremamente complesso, un fenomeno spesso strumentalizzato, ma ancora troppo poco affrontato da un punto di vista analitico. I flussi migratori sono divenuti sempre più frequenti e diversificati negli ultimi anni: la “crisi migratoria” europea, le migrazioni dall’America Latina verso gli Stati Uniti, le migrazioni interne al continente africano, quelle dall’Asia verso l’Australia, le stesse migrazioni interne all’Unione europea…
Oltre alla mappatura dei flussi, è importante individuare le cause della migrazione, se si vuole capirla, intercettarne i bisogni e provare a trovare risposte adeguate. Spesso ci si limita a parlare di “differenziare i rifugiati dai migranti economici”, ovvero distinguere coloro che si spostano a causa di guerre, persecuzioni o discriminazioni subite nel proprio Paese di origine, dalle persone che si spostano per cercare lavoro o, semplicemente, una prospettiva di vita migliore. Distinzione, questa, che suona molto di vuota propaganda più che di una reale volontà di capire il fenomeno migratorio – chiunque ne sia il “protagonista” e qualsiasi siano le cause che lo spingono a lasciare il proprio Paese per cercare di costruirsi un futuro altrove.
In questo quadro, senz’altro, non hanno abbastanza eco le migrazioni che si verificano a causa dei cambiamenti climatici: l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) pubblica costantemente report e studi che analizzano i cambiamenti climatici, cercando di attirare l’attenzione su un tema cruciale, su cui governi ed istituzioni internazionali dovrebbero intervenire il prima possibile.
Già nel 1990 proprio l’IPCC aveva evidenziato che esiste un impatto del cambiamento climatico sulle migrazioni: i dati rilevano un costante aumento di flussi di persone che si muovono a causa dei cambiamenti dell’ecosistema in cui vivevano: le aree interessate sono soprattutto Africa Sub-Sahariana, America Latina e Sud Asia – aree in cui, del resto, i cambiamenti climatici si sommano alla situazione di sottosviluppo generale ¹.
Quali impatti hanno sull’ecosistema i cambiamenti climatici?
Per prima cosa, i possibili impatti dei cambiamenti climatici si possono sintetizzare in due categorie: impatti immediati e a lungo termine. Per impatti immediati si intende situazioni contingenti derivanti da catastrofi o incidenti: alluvioni, cicloni, incendi boschivi etc; questi tipi di fenomeni sono associati ai cambiamenti metereologici estremi.
La seconda macrocategoria riguarda cambiamenti che sopraggiungono con il tempo; si pensi, ad esempio, all’irregolarità delle piogge che modifica la fertilità del terreno e dunque le colture, oppure all’aumento delle temperature medie, o all’innalzamento del livello del mare: tutte situazioni che modificano in maniera strutturale le condizioni di un dato ambiente. Spesso i cambiamenti conseguenti a questi fenomeni sono di portata tale da mettere seriamente a rischio, se non rendere impossibile, la sopravvivenza delle popolazioni: ed ecco che, quindi, queste sono costrette a “cercare casa” altrove, dando vita a vere e proprie ondate migratorie, spesso nelle più vicine aree “sicure” ².
Migrazioni interne e transfrontialiere
Secondo l’Internal Displacement Monitoring Center (IDMC), circa 17 milioni di persone si sono spostate nel 2018 a causa dei cambiamenti climatici ³. Le migrazioni interne sono più frequenti, ovvero, le persone si spostano da una zona all’altra dello stesso Paese, generalmente dalle campagne o dai villaggi verso le città.
Questo processo sta intensificando l’urbanizzazione di alcune città nei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, con effetti al tempo stesso positivi e negativi. Infatti, se generalmente gli studi rilevano che l’urbanizzazione ha un impatto positivo su determinati indici economici (aumento del PIL), questo tuttavia altrettanto spesso avviene a discapito delle condizioni di vita delle persone, magari laddove le precarie condizioni sociali ed economiche si accompagnano alla mancata messa in atto di adeguate politiche per l’integrazione dei migranti nelle nuove comunità o aree di accoglienza.
Spesso accade che le misure abitative “emergenziali” restino, di fatto, definitive, con migliaia – se non milioni – di persone che si trovano a vivere in situazioni estremamente insalubri e precarie, come baraccopoli senza servizi igienici o infrastrutture adeguate ⁴.
Le migrazioni transfrontaliere, invece, ovvero quelle da un Paese ad un altro, sono quelle che più facilmente si sovrappongono e si incrociano con altre migrazioni: per questo, concordano gli studi in merito, è più difficile tracciare una stima dei dati.
Prospettive
Le migrazioni e i cambiamenti climatici sono tra le questioni più spinose dell’attuale fase storica. Esperti dei due settori hanno tracciato varie prospettive per il futuro, e segnalano che nei prossimi decenni gli effetti dei cambiamenti climatici potrebbero essere devastanti con conseguenze anche sulle migrazioni. La Banca Mondiale ha calcolato che, entro il 2050, 143 milioni di persone potrebbero migrare a causa dei cambiamenti climatici ⁵.
La necessità non è solo riflettere ed analizzare il fenomeno migratorio o i cambiamenti climatici, ma si deve intervenire sui due fronti (clima e migrazioni) per evitare un’”escalation”. Sul fronte dei cambiamenti climatici, lo scenario delineato dagli esperti ci mostra un progressivo peggioramento delle condizioni del pianeta, soprattutto, per i Paesi sottosviluppati e in via di sviluppo. È necessario intervenire immediatamente per arginare gli effetti di un processo produttivo che, se non ripensato, potrebbe mettere seriamente a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano.
Il fenomeno migratorio non è un “problema” in quanto tale, ma è frutto delle contingenze storiche, politiche, sociali ed economiche. L’obiettivo dovrebbe essere la costruzione di contesti sociali dove chiunque intenda spostarsi, possa trovare condizioni che gli permettono di migliorare la propria esistenza ed avere una vita dignitosa, dove vengono riconosciuti i diritti basilari e dove siano soddisfatti i bisogni di ogni essere umano.
¹ IOM, Migration and Climate Change, IOM Migration Research Series, N. 31, p.11 (https://www.ipcc.ch/apps/njlite/srex/njlite_download.php?id=5866)
² D. Andreucci – A. Oleandri, Migranti e cambiamenti climatici. Chi migra, perché e come intervenire per porvi rimedio?, openmigration.org, 26 Giugno 2019, (https://openmigration.org/analisi/migranti-e-cambiamenti-climatici-chi-migra-perche-e-come-intervenire-per-porvi-rimedio/)
³ IDMC, Global Report on Internal Displacement 2019, internal-displacement.org, Maggio 2019, http://www.internal-displacement.org/global-report/grid2019/
⁴ S. Parnell – E. Pieterse, Africa’s Urban Revolution, ZED Books, Londra, 2014
⁵ World Bank, Climate Change Could Force Over 140 Million to Migrate Within Countries by 2050: World Bank Report, worldbank.org, 19 Marzo 2018, (https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2018/03/19/climate-change-could-force-over-140-million-to-migrate-within-countries-by-2050-world-bank-report)