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L’Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA, Fundamental Rights Agency) ha pubblicato il suo Rapporto sui diritti fondamentali 2018.

Il Rapporto esplora i principali sviluppi del 2017 in materia di tutela dei diritti fondamentali nell’UE e nei Paesi membri, delineando una serie di indicazioni su possibili risposte politiche alle questioni ancora aperte e raccomandazioni per affrontare le sfide emergenti in diversi settori connessi all’integrazione dei cittadini di paesi terzi, in particolare quelle legate a non discriminazione, razzismo e intolleranza.

Non discriminazione

La FRA, si legge nella sintesi del rapporto, raccomanda al legislatore UE di proseguire gli sforzi per l’adozione della direttiva sulla parità di trattamento proposta nel 2008. La direttiva offrirebbe una protezione completa contro la discriminazione in settori chiave della vita, oltre all’occupazione, indipendentemente dal sesso, dalla razza o dall’origine etnica di una persona, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale. Secondo la FRA, il legislatore europeo dovrebbe procedere con azioni legali concrete per garantire una più forte protezione dei diritti sociali e prendere le misure necessarie al fine di attuare concretamente i principi e i diritti sanciti nel Pilastro dei diritti sociali adottato alla fine del 2017.

Per quanto riguarda gli Stati membri, sostiene l’agenzia, questi dovrebbero garantire che i diritti e le libertà fondamentali siano salvaguardati, assicurandosi che qualsiasi proposta legislativa o amministrativa che rischi di limitare le libertà delle persone (come, ad esempio, quella di professare le proprie convinzioni religiose), includa riferimenti espliciti alla tutela dei diritti fondamentali e al rispetto dei principi di legalità, necessità e proporzionalità. Gli Stati membri sono anche incoraggiati a fornire ad Eurostat dati maggiormente consistenti e affidabili riguardo le rispettive situazioni interne in materia di uguaglianza e non discriminazione, in modo da consentire alle istituzioni europee di sviluppare programmi ed adottare misure mirate per promuovere la parità di trattamento. Laddove possibile e pertinente i dati raccolti dovrebbero essere disaggregati anche per origine etnica e religione, aggiunge l’agenzia.

Razzismo, xenofobia e intolleranza correlata

La relazione si concentra in special modo sul ruolo degli Stati membri nella lotta contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza. In particolare, secondo l’agenzia, questi dovrebbero:

assicurare che i casi identificabili come crimini di odio, incluso l’incitamento all’odio, siano effettivamente registrati, investigati, perseguiti e giudicati, in conformità con le leggi nazionali, comunitarie e internazionali. Ciascun Paese dovrebbe poi compiere ulteriori per mettersi in condizione di registrare sistematicamente, raccogliere e pubblicare dati annuali comparabili sui reati di odio, al fine di consentire lo sviluppo di risposte legali e politiche efficaci e basate su dati concreti;

garantire una migliore attuazione pratica e l’applicazione della Direttiva sull’uguaglianza razziale (Race Equality Directive, la direttiva europea che proibisce le discriminazioni sulla base delle origini etniche). Gli Stati europei dovrebbero inoltre sensibilizzare i propri cittadini in merito alle normative nazionali in materia di non discriminazionr e ai relativi meccanismi di ricorso, in particolare tra coloro che sono più a rischio di subire discriminazioni quali i cittadini stranieri e i membri di minoranze etniche. In particolare, gli Stati membri dovrebbero garantire che le sanzioni in caso di atti discriminatori siano sufficientemente efficaci, proporzionate e dissuasive;

sviluppare piani d’azione nazionali dedicati specificamente alla lotta contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza. Tali piani d’azione dovrebbero definire chiaramente obiettivi e azioni da implementare, designare gli organismi statali responsabili, creare appositi indicatori di prestazione e prevedere meccanismi di monitoraggio e valutazione;

porre fine a forme discriminatorie di “profilazione criminale” (profiling, ovvero le analisi comportamentali che vengono compiute dalle forze dell’ordine a fini investigativi). Ciò potrebbe essere conseguito, secondo l’agenzia, fornendo agli ufficiali di polizia in ciascun Paese formazioni sistematiche sulle normative antidiscriminatorie, nonché mettendo in campo meccanismi istituzionalizzati per lo smantellamento di stereotipi e pregiudizi.

La relazione contiene una serie di considerazioni e raccomandazioni in materia di asilo, immigrazione, gestione delle frontiere, detenzione dei migranti nei centri di permanenza identificazione ed espulsione.

Gli arrivi irregolari via mare, si legge, sono dimezzati rispetto al 2016, per un totale di circa 187.000 nel 2017. Tuttavia, più di 3.100 persone sono morte mentre attraversavano il mare per raggiungere l’Europa. Lungo la rotta dei Balcani occidentali, accuse di maltrattamenti da parte delle forze di polizia nei confronti dei migranti sono costantemente aumentate nel tempo. Alcuni Stati membri dell’UE hanno ancora difficoltà a ricevere i richiedenti asilo. I temi dell’immigrazione e della sicurezza sono stati intrecciati sempre più strettamente, portando alla creazione di sistemi di informazione su larga scala che, nelle dichiarazioni dei loro sostenitori, sarebbero dovuti servire sia “a gestire l’immigrazione che a rafforzare la sicurezza”. Tuttavia, il rapporto della FRA rileva e sottolinea come le azioni compiute a livello nazionale ed europeo al fine di gestire la migrazione irregolare in modo più efficace abbiano, di fatto, esacerbato i rischi esistenti in materia di tutela dei diritti fondamentali delle persone migranti.

Quando il rischio è quello di limitare le libertà e i diritti fondamentali delle persone, conclude l’agenzia europea, resta cruciale non solo tenere in considerazione, ma rafforzare tutte le salvaguardie e le tutele imposte dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e quelle derivanti dalla Convenzione europea sui diritti umani.

Il testo integrale del rapporto è disponibile sul sito dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali. 

Immagine da Flickr.