Lo scorso 17 ottobre è stato presentato a Roma il “Rapporto Italiani nel Mondo 2017” della Fondazione Migrantes: con cinque milioni di residenti all’estero, l’Italia torna ad essere un paese di emigrazione.
“La mobilità è una risorsa perché permette il confronto con realtà diverse ed è, se ben indirizzata, una opportunità di crescita e arricchimento. Oggi, però, nello stato generale di recessione economica e culturale in cui purtroppo ci si ritrova, la migrazione, per gli italiani in particolare, è diventata nuovamente, come in passato, una valvola di sfogo, ciò che permette cioè di trovare probabilmente una sorte diversa rispetto a quella a cui si è destinati nel territorio di origine”. Inizia così il “Rapporto Italiani nel Mondo 2017”, pubblicato dalla Fondazione Migrantes e presentato a Roma la scorsa settimana.
Quella fotografata dal rapporto è un’Italia che emigra o, per essere più precisi: che torna ad emigrare. Al 1° gennaio 2017, sono circa 5 milioni gli italiani che risiedono all’estero ed iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), ovvero l’8,2% del totale della popolazione italiana ed il 3,3% in più rispetto all’anno precedente. Si aggiungano a questi tutti coloro che, spostandosi per periodi brevi o con percorsi di mobilità non del tutto stabili, decidono di non registrarsi come residenti all’estero – fenomeno la cui portata, dunque, risulta più difficilmente monitorabile e quantificabile. Numeri in crescita, dunque, che tuttavia permettono di avere una percezione ancora troppo parziale del fenomeno. “Dopo anni di attenzione unicamente riservata ai ‘quanti'”, si legge nel rapporto, “è ora di maturare la consapevolezza che, soprattutto nel caso dei movimenti più recenti, diventa imprescindibile l’analisi del ‘chi’ e del ‘perché’“.
Secondo i dati ISTAT, ad emigrare sono in particolare i giovani (circa il 41,3% nella fascia di età compresa tra 25 e 39 anni), mentre più in generale si rileva che in corrispondenza delle classi di età attiva (da 22 a 54 anni) si concentra il 77% degli italiani espatriati. I dati registrati per il decennio 2006-2015 indicano una propensione, in aumento soprattutto a partire dal 2010, ad una crescita continua delle partenze, a fronte di un andamento pressoché costante dei rientri in Italia.
Per quanto riguarda le destinazioni scelte dagli italiani che emigrano, si constata che, a livello continentale, oltre la metà dei cittadini italiani (2.684.325 milioni) risiede in Europa (54%), seguiti da 2.010.984 milioni nelle Americhe (40,4%), specie nell’America centro-meridionale (32,5%). A livello nazionale, i Paesi che ospitano il maggior numero di cittadini italiani sono l’Argentina (804.260), la Germania (723.846) e la Svizzera (606.578), mentre in termini assoluti risulta essere il Regno Unito ad aver visto la variazione più consistente nel corso del 2016: ben 27.602 registrazioni in più rispetto all’anno precedente.
Le donne residenti fuori dai confini nazionali sono 2.391.218, il 48,1% del totale a livello nazionale (quasi 79.000 in più rispetto al 2016). Sempre più spesso, la migrazione non è individuale ma di “famiglia”, intendendo sia il nucleo più ristretto, ovvero quello che comprende i minori (oltre il 20%, di cui il 12,9% ha meno di 10 anni) sia la famiglia “allargata”, in cui i genitori – ormai over 65 – diventano “accompagnatori e sostenitori” del progetto migratorio dei figli (il 5,2% del totale). A questi si aggiunga il 9,7% di chi ha tra i 50 e i 64 anni, ovvero i tanti uomini e donne che, rimasti senza un lavoro in Italia, scelgono di emigrare nell’ottica di cercare altrove alternative occupazionali – e di vita – concrete.
Una mobilità, dunque, “da spinta”, lontana o comunque molto diversa dal sogno della libera circolazione di tutte e di tutti auspicata dai padri fondatori dell’Unione europea. “Il sogno”, si legge nel rapporto, “non lo si è mai pienamente raggiunto e, in questo momento, purtroppo si allontana sempre di più. Alcuni, infatti, hanno pensato che la libertà non potesse riguardare tutti, ma solo alcuni mentre chi è ritenuto privo di questo diritto va fermato”.
L’immagine dipinta dal rapporto della Fondazione Migrantes è dunque quella di un’Italia – e, se si estende lo sguardo, di un’Europa – che cambia, ed i suoi cittadini e le sue cittadine con lei. Sempre più numerosi, questi uomini e queste donne scelgono di costruire, per sé stessi e per le loro famiglie, nuove rotte, nuovi percorsi migratori e di vita, individuale ma anche – e soprattutto – collettiva. “Il migrante”, conclude il rapporto, “non è mai da considerare nella sua individualità. La migrazione è un processo di relazioni, è reciprocità, è moltitudine di persone“. Se, dunque, la “politica dei ponti” ha lasciato sempre più campo alla “politica dei muri”, l’unica alternativa percorribile è quella di “far leva sulla forza della ricchezza e della diversità”, come strumento potente e concreto per superare le strategie della chiusura, dell’odio e della paura – dentro e fuori dai confini dell’Italia e dell’Europa.
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