La Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo ha approvato una serie di proposte per riformare il Regolamento di Dublino. Secondo il progetto di mandato negoziale, gli Stati dell’UE che si rifiutano di ricollocare i richiedenti asilo dovrebbero avere un accesso limitato ai fondi europei.
Lo scorso giovedì, dopo un lungo processo di negoziazione, con 43 voti a favore e 16 contrari la Commissione LIBE del Parlamento europeo ha dato il primo via libera ad una riforma del Regolamento di Dublino (detto anche Dublino III, in quanto sostituisce i due precedenti), testo chiave del sistema europeo di asilo.
Il diritto di chiedere asilo è sancito dalle Convenzioni di Ginevra, che tutti gli Stati membri dell’Unione hanno firmato e che sono dunque state integrate nei Trattati europei, acquisendo valore giuridico. Il Regolamento di Dublino costituisce l’insieme di regole dell’UE che determina quale Stato membro è responsabile del trattamento di una domanda di protezione internazionale e come gli Stati debbano adempiere a tale obbligo.
La riforma approvata dal Parlamento, salutata dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) come “un profondo cambio di paradigma”, si pone come obiettivo quello di “rimediare alle attuali debolezze” del sistema di asilo dell’Unione europea e di “creare un sistema solido per il futuro”. La proposta del Parlamento dovrà ora essere valutata e approvata dal Consiglio europeo, composto dai capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’Unione – i quali, com’è noto, hanno posizioni spesso fortemente discordanti sulla questione del ricollocamento dei richiedenti asilo e sulla questione migratoria in generale. Ma vediamo più nel dettaglio la riforma, provando a capire, da un lato, in cosa consiste la sua “portata storica” e, dall’altro, se e quali limiti permangono.
Cosa cambierà
La novità principale, il nodo centrale della riforma, consiste nell’eliminazione del principio secondo il quale il primo Paese di ingresso del migrante diventa automaticamente il Paese competente per la sua richiesta di asilo. Ciò significa, in sostanza, che i migranti e i richiedenti asilo non saranno più obbligati a presentare la propria domanda di protezione internazionale nel primo Paese di arrivo. Il meccanismo attuale verrebbe difatti sostituito con un nuovo sistema di ricollocamento automatico e permanente, cui sono tenuti a partecipare tutti gli Stati dell’Unione, in cui la competenza all’esame della domanda di protezione verrebbe attribuita in base a delle quote, definite secondo una serie di criteri oggettivi. In questo modo, come sottolineato dall’ASGI, verrebbe finalmente data attuazione al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra Stati, previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE). Conseguenza non da poco di un tale cambiamento, sarebbe ovviamente che ad essere competenti per le richieste di asilo non sarebbero più soltanto, o principalmente, i Paesi di frontiera come la Grecia e l’Italia, ma tale competenza verrebbe redistribuita in maniera equa tra tutti gli Stati dell’Unione.
La seconda novità consiste quindi nell’introduzione di un principio secondo cui verrà attribuito rilievo giuridico ad i legami – si parla di “fattori di collegamento” – tra il migrante richiedente asilo ed il Paese in cui egli richiede di andare. Innanzitutto, viene ampliata ed estesa la nozione di “famiglia”, dando quindi importanza anche al legame con i fratelli, le sorelle ed i figli maggiorenni in carico al genitore: ciò permetterà, dunque, il ricongiungimento di membri della stessa famiglia anche se arrivati in Paesi diversi – ai quali, in base al sistema vigente, viene di fatto impedito di riunirsi. Inoltre, tra i “fattori di collegamento” tra il migrante ed il Paese di sua scelta, assumeranno rilievo anche altri elementi, quali soggiorni precedenti, corsi di studio o di formazione effettuati, o, infine, la “sponsorizzazione” da parte di un ente accreditato.
Aspetti critici
Sempre secondo l’ASGI, permangono tuttavia alcuni limiti ed aspetti critici che andrebbero ulteriormente approfonditi e migliorati. Innanzitutto, per quanto riguarda i cosiddetti “fattori di collegamento” tra il richiedente asilo e lo Stato che egli sceglie come propria destinazione, “appare irragionevole”, sostiene l’ASGI, “che la sponsorizzazione possa essere realizzata solo da enti e non anche da privati (tra i quali i parenti del richiedente)”. Inoltre, il nuovo sistema di ricollocamento per quote, applicato anche ai minori non accompagnati, lascia emergere un rischio da non sottovalutare: la possibilità, cioè, che questi vengano trasferiti in maniera forzata o arbitraria, mentre la Corte di Giustizia, ricorda l’ASGI, afferma che “in generale risponde al superiore interesse del minore restare nello Stato dove questi si trova”. Un altro punto irrisolto riguarda la possibilità – mantenuta anche nella nuova proposta di riforma, pur se molto ridimensionata – che il richiedente asilo venga detenuto in attesa del trasferimento nel Paese definito come competente all’esame della sua domanda.
Dunque, se il percorso di riforma intrapreso è da ritenersi senza dubbio un buon punto di partenza da incoraggiare, le questioni aperte restano. In particolare, occorrerà attendere la decisione del Consiglio europeo, il cui presidente Donald Tusk ha già dichiarato che il nuovo sistema di quote “non ha futuro”, riferendosi in particolar modo alla posizione degli Stati dell’Europa orientale, fortemente contrari alla proposta di riforma
“ASGI”, si legge sul sito dell’associazione, “fa appello al Governo italiano e alle associazioni di tutela dei rifugiati affinché sostengano con forza il processo di riforma avviato dal Parlamento Europeo in vista del dialogo con il Consiglio Europeo e in particolare con gli Stati che si oppongono ad una effettiva riforma del Regolamento Dublino III cercando di evitare la doverosa assunzione di nuove e maggiori responsabilità nella gestione dell’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”.
“Questo voto, espresso con una larga maggioranza, ha un grande significato, e riflette la volontà e, allo stesso tempo, la necessità di intervenire sul sistema di asilo europeo di modo da renderlo più giusto e solidale“. Così Giuseppe Massafra, segretario confederale della Cgil, commenta l’approvazione della revisione del Regolamento di Dublino. “Da tempo”, continua, “la Cgil chiede lo stralcio di quelle regole che penalizzano i richiedenti asilo e scaricano l’onere dell’accoglienza unicamente sul Paese di primo ingresso”.
“L’avanzamento di oggi non finisca nel limbo, il Consiglio acceleri finalmente i passaggi necessari per arrivare alla riforma: senso di responsabilità e umanità prevalgano sulle chiusure e sui cinici interessi dei singoli Stati”, conclude Massafra.
Per ulteriori approfondimenti sul funzionamento del Regolamento di Dublino e sulla proposta di riforma, vedere il sito dell’ASGI ed il comunicato stampa del Parlamento europeo.