L’Italia è sempre più un Paese di emigrazione e ad emigrare sono sempre più giovani in cerca di lavoro e di opportunità. A confermarlo stavolta il “Rapporto Italiani nel Mondo 2019” della Fondazione Migrantes, presentato a Roma il 25 ottobre
Negli ultimi 13 anni le partenze dall’Italia sono aumentate di oltre il 70% e gli iscritti all’AIRE sono passati da circa 3 milioni nel 2006 ad oltre 5 milioni nel 2019. A confermarlo, il nuovo “Rapporto Italiani nel Mondo”, pubblicato dalla Fondazione Migrantes e presentato ufficialmente a Roma il 25 ottobre 2019.
Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l’8,8% di questi risultano residenti all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’AIRE aggiornati al 1° gennaio 2019 sono saliti a 5.288.281. Una cifra, questa, che ormai supera quella degli stranieri residenti in Italia alla stessa data (5.255.503): ad ulteriore conferma, nel caso servisse, di quanto gli allarmismi e le campagne razziste sull’immigrazione in Italia siano puramente pretestuose e strumentali.
La nuova edizione del Rapporto della Fondazione Migrantes ci racconta -ci conferma, infatti, un’altra storia: quella delle centinaia di migliaia di italiani che ogni anno continuano a partire per andare a cercare all’estero un lavoro e condizioni di vita migliori. Da gennaio a dicembre 2018, nello specifico, si sono iscritti all’AIRE 242.353 italiani, di cui 128.583 per espatrio.
A partire sono soprattutto i giovani, sempre più giovani, che per scelta o per necessità cominciano un’avventura di vita in un altro Paese. “Giovani, giovani adulti con nuove famiglie”, commenta la curatrice del Rapporto Delfina Licata, “che vanno all’estero e finiscono col valorizzare quei contesti internazionali dove hanno scelto di vivere il loro progetto migratorio, depauperando della stessa ricchezza l’Italia”.
Si parte molto presto, dunque: nel 2018 a emigrare sono stati soprattutto i giovani dai 18 ai 34 anni (40,6%), ma si parte anche dopo: la migrazione, infatti, si è intensificata anche nella fascia di giovani adulti dai 35 ai 49 anni (24,3%). La destinazione preferita è l’Europa, meta del 71,2% dei “nuovi migranti” nel 2018. Primo Paese di destinazione, nonostante l’incertezza e le incognite della Brexit, il Regno Unito, che nel 2018 ha registrato oltre 20.000 nuove iscrizioni all’AIRE (+11,1% rispetto all’anno precedente), seguito dalla Germania, che ha visto arrivare oltre 18.000 nuovi residenti italiani, la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265), e la Spagna (7.529). Tra i continenti di emigrazione, seguono le Americhe, meta del 21,5% di coloro che sono partiti nel 2018 (14,2% in America Latina).
Le partenze dell’ultimo anno hanno interessato oltre 100 province italiane, disseminate in tutte le regioni: a registrare più partenze la Lombardia (22.803), seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702). Tuttavia, quasi la metà del totale degli italiani residenti all’estero ad oggi proviene dalle regioni del Sud Italia (48,9%), mentre il 35,5% proviene dal Nord e il 15,6% dal Centro.
Il rapporto analizza anche gli spostamenti dei “nuovi italiani”: ovvero degli stranieri che hanno vissuto in Italia e ottenuto la cittadinanza italiana, che si sono poi trasferiti altrove. Tra il 2012 e il 2017, degli oltre 744.000 stranieri divenuti italiani sono quasi 43.000 le persone che hanno poi trasferito la residenza in un altro Paese. “La mobilità dei “nuovi italiani” inizia ad assumere l’entità di un fenomeno che non si può più ignorare”, precisa il rapporto. “L’analisi per cittadinanza di origine mostra che alcune comunità hanno una maggiore propensione a migrare dopo aver acquisito la cittadinanza, e per quelle comunità, il fenomeno inizia ad assumere numeri significativi”. Tra le comunità di “nuovi italiani” a registrare un maggior numero di emigranti, quella brasiliana e quelle originarie del subcontinente indiano: Bangladesh, Pakistan, India.
D’interesse particolare anche uno speciale dedicato alla percezione e ai pregiudizi che hanno accompagnato l’emigrazione italiana nel tempo, dal titolo emblematico: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”. Scopo ultimo di questo approfondimento, si spiega, l’urgenza di legare la memoria alla storia presente, attraverso “il ricordo di un passato ingiusto non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto”, nel rispetto del “diritto a una vita felice” per tutti, delle diversità “e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”.
Tra gli ospiti dell’iniziativa di presentazione del RIM 2019, il Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano, ha sottolineato proprio la necessità di cambiare radicalmente il clima e il livello della discussione sui fenomeni migratori nel dibattito pubblico. “Abbiamo assistito alla rimozione pubblica della questione sociale che emerge dal Rapporto: ossia che l’unica via di miglioramento per gli italiani sembra essere quello dell’emigrazione […]. La vera discontinuità pubblica e politica sarà dunque nello smettere di parlare solamente, e soprattutto con certi toni, di immigrazione”, ha sottolineato Provenzano, precisando inoltre l’urgenza di attuare politiche che consentano magari così il rientro di chi, dopo aver vissuto, studiato o lavorato fuori dall’Italia, magari vorrebbe rientrare.
Analizzare i dati e le storie di oggi, dunque, anche alla luce di quelle passate, per studiare, capire, trovare soluzioni e, non ultimo, essere in grado di scegliere con coraggio e onestà, “da che parte stare”: se da quella dell’odio e delle opportunistiche propagande, o da quella delle persone – di tutte quelle persone che ovunque nel mondo cercano un futuro migliore.
“Ciò è ancora più necessario”, conclude il rapporto – e non potrebbe trovarci più d’accordo, “considerando l’urgenza per l’Italia di modificare il passo, all’interno del quadro europeo e internazionale, alla luce del grave malessere demografico, del disagio e della sfiducia avvertita collettivamente in un tempo in cui la mobilità sicuramente non sarà superata, ma occorrerà trovare noi un modo per convivere tutti da migranti (potenziali o effettivi) in un mondo stabilmente in movimento”.
A questo link la sintesi del Rapporto Italiani nel Mondo 2019 e maggiori info.