A casa, nel mondo

L’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA, Fundamental Rights Agency) ha pubblicato due nuovi studi sul tema dello sfruttamento lavorativo dei migranti, al fine di mettere in luce le reali condizioni di lavoro cui sono sottoposti migliaia di lavoratori sul territorio europeo.

Il primo studio, dal titolo “Out of sight: migrant women exploited in domestic work”, si concentra sullo sfruttamento delle lavoratrici migranti nel lavoro domestico. Dall’analisi emerge con chiarezza che le circa 2,5 milioni di lavoratrici domestiche straniere nell’UE, pur rivestendo un ruolo cruciale -sia a livello sociale che economico- nei Paesi di accoglienza, sono tuttora esposte ad un altissimo rischio di abusi e sfruttamento sul luogo di lavoro.

Lo studio si basa sulle testimonianze di diverse lavoratrici domestiche, immigrate seguendo percorsi regolari o irregolari in Europa, che hanno denunciato trattamenti umilianti e degradanti da parte dei datori di lavoro, tra cui la mancanza di privacy (costrette, ad esempio, a dividere la camera o il letto con i bambini di cui si prendono cura), abusi e maltrattamenti, retribuzioni non conformi al numero di ore di lavoro prestate (che oscillano tra le dieci e le diciotto al giorno, spesso senza neanche un giorno di riposo).

L’Agenzia ha individuato, a partire da queste testimonianze, una serie di rischi derivanti dalla mancata regolamentazione del lavoro domestico e le opportune soluzioni attraverso le quali gli Stati Membri possono porre un freno al dilagare di forme di sfruttamento e abuso

Sicuramente, la situazione di dipendenza dal datore di lavoro come unica possibile fonte di sostentamento nel Paese straniero, rappresenta spesso il rischio più grande: in molti casi le lavoratrici straniere non possiedono un regolare permesso di soggiorno o, spesso, il visto che è stato loro garantito le lega a un singolo datore di lavoro per tutta la durata del periodo lavorativo, impedendo loro la ricerca di un impiego alternativo. L’Agenzia europea invita pertanto gli Stati Membri a promuovere l’effettività dei diritti delle lavoratrici domestiche e prevenire abusi, dando priorità a misure intese a prevenire il verificarsi di situazioni di dipendenza da un singolo datore di lavoro.

Un altro fattore di rischio è dato dalla mancanza di ispezioni sul lavoro. L’Agenzia riconosce che la coincidenza del luogo di lavoro con un’abitazione privata possa rappresentare un ostacolo al monitoraggio delle condizioni del lavoro e invita gli Stati Membri che non l’hanno ancora fatto ad aderire alla Convenzione ILO 189/2011 sul lavoro domestico, emendando la normativa interna nei casi in cui questa escluda il lavoro domestico dall’ambito di applicazione delle norme in materia di ispezioni sul luogo di lavoro. Le ispezioni dovrebbero svolgersi come azioni di controllo volte a garantire un sostegno alle vittime di abusi, garantendo loro la protezione necessaria così come la possibilità di denunciare situazioni di sfruttamento e condizioni lavorative sfavorevoli. Per quanto riguarda le lavoratrici con status irregolare, gli Stati Membri devono garantire che la condizione di irregolarità non sia di impedimento al riconoscimento della lavoratrice come vittima di un reato, in linea con la Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, la quale, ricorda l’Agenzia dei Diritti Fondamentali, si applica a tutte le vittime senza alcuna discriminazione, ivi incluse differenze basate sulla regolarità di status.

Accanto alla necessità di garantire adeguato supporto alle vittime di abusi da parte del datore di lavoro, lo studio si focalizza sulla necessità di promuovere attività intese ad informare le lavoratrici sui propri diritti prima della partenza. L’Agenzia invita pertanto gli Stati Membri a incoraggiare le organizzazioni sindacali ad intraprendere campagne di outreach finalizzate a favorire la conoscenza dei diritti, delle leggi rilevanti, meccanismi di denuncia e tutela in un linguaggio comprensibile alle stesse lavoratrici e adottare misure atte ad agevolare una maggiore trasparenza delle condizioni di assunzione ed aumentare la consapevolezza dei datori di lavoro sui loro obblighi e doveri.

Il secondo studio, intitolato “Protecting migrant workers from exploitation in the EU: boosting workplace inspections” (Proteggere i lavoratori migranti dallo sfruttamento in UE: rafforzare le ispezioni sui luoghi di lavoro) raccoglie le esperienze di lavoratori migranti vittime di sfruttamento e pone l’accento sulla mancanza o inefficienza delle ispezioni sui luoghi di lavoro. Irrigidire le ispezioni per far fronte agli abusi e incoraggiare i lavoratori a denunciare tali abusi, garantendo loro le necessarie tutele, sono alcune delle strategie proposte dall’Agenzia per contrastare lo sfruttamento lavorativo.

Lo studio della FRA si basa sulle testimonianze di 237 lavoratori migranti tra uomini e donne originari di Paesi terzi o di Stati membri dell’UE, residenti in otto Paesi europei: Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Regno Unito.

Secondo quanto emerso dallo studio, più della metà degli intervistati non ha mai assistito o sentito menzionare ispezioni sul lavoro. Molte delle testimonianze, inoltre, hanno menzionato episodi in cui i datori di lavoro, avvisati del sopraggiungere di un’ispezione, si sono occupati di nascondere gravi violazioni. Tali strategie, si legge nel rapporto, incidono negativamente sulla percezione che gli stessi lavoratori hanno dell’utilità dei servizi ispettivi e sulla capacità di questi ultimi di tutelare i loro diritti, contribuendo ulteriormente a indebolire l’efficacia delle ispezioni.

Per porre fine a queste pratiche illecite, l’Agenzia suggerisce, tra l’altro, che si mettano in campo meccanismi che non consentano agli ispettori di informare preventivamente i datori di lavoro sulle ispezioni, prestando attenzione, in particolar modo, ai responsabili di quegli ambiti, come la ristorazione e l’edilizia, che sono più soggetti al rischio di abusi. L’Agenzia invita inoltre gli Stati Membri a creare unità di investigazione specializzate nello sfruttamento lavorativo

Assume un’importanza cruciale, inoltre, attuare misure volte a garantire che i lavoratori siano posti nella condizione di poter denunciare e accedere a forme di tutela senza dover temere di perdere il posto di lavoro – il che significa, spesso, perdere la loro unica fonte di sostentamento, quindi la possibilità di accedere ad un alloggio fino addirittura, in molti casi, a rischiare di essere espulsi dal Paese di accoglienza. A tal proposito, sottolinea l’Agenzia europea, gli Stati Membri devono assicurare la garanzia e la tutela dei diritti fondamentali di tutti i cittadini e lavoratori, a prescindere dalla status che possiedono.

Inoltre, lo studio mette in evidenza come i lavoratori intervistati si siano mostrati più propensi a denunciare condizioni di abuso e sfruttamento nel momento in cui gli ispettori si sono preoccupati di informare e coinvolgere la forza lavoro stessa. Spetta, dunque, anche agli ispettori il compito di creare ambienti di lavoro sicuri in cui i lavoratori possano sentirsi liberi di esporre la propria opinione, senza temere conseguenti ritorsioni a opera dei datori di lavoro.

L’Agenzia non manca di evidenziare nuovamente l’importanza della formazione dei professionisti coinvolti nella lotta allo sfruttamento lavorativo, in particolare con riferimento all’individuazione dei fattori di rischio, all’esigenza di dedicare maggiori risorse ed orientare i servizi ispettivi alla messa in luce e al monitoraggio di tali fattori -specie nei settori dove il bisogno è più forte- ed infine all’elaborazione di strumenti che stimolino la collaborazione tra tutte le autorità competenti.

L’Agenzia evidenzia, infine, la necessità di integrare le attività di monitoraggio delle condizioni di lavoro con iniziative intese a promuovere una maggiore consapevolezza sullo sfruttamento lavorativo e le sue caratteristiche tra le imprese, le organizzazioni sindacali e la cittadinanza in generale.

Entrambi gli studi della FRA hanno il merito di mettere in luce e prendere atto delle reali ed effettive condizioni di sfruttamento e abuso che minacciano la salute e il benessere fisico e psicologico di milioni di lavoratori stranieri in Europa. La questione risulta piuttosto allarmante, in quanto fotografa il dilagare ancora oggi, in molti Paesi europei, di atti di discriminazione, abusi e violazioni dei diritti fondamentali nei confronti di lavoratori migranti che – per motivazioni legate alla scarsa conoscenza della lingua e, molto più spesso, dei loro diritti – non riescono a difendersi da soli.

Buona parte della soluzione, come emerge dalle raccomandazioni dell’Agenzia europea e come in ogni cosa, sta nella volontà – in questo caso la volontà di coloro che hanno il compito primario di tutelare i cittadini: gli Stati stessi. Tra le principali misure da adottare in tal senso, vi è innanzitutto quella di assicurare che in tutti gli Stati membri i lavoratori (migranti e non migranti) abbiano accesso effettivo ad una piena conoscenza dei loro diritti e delle proprie condizioni lavorative; inoltre, occorre assicurare che i termini e le condizioni delle relazioni di lavoro siano trasparenti e perfettamente comprensibili per i lavoratori; infine, risulta sempre più urgente ed essenziale che i governi stessi s’impegnino a delegittimare lo sfruttamento dei lavoratori, creando un clima diffuso di “tolleranza zero”, tra l’opinione pubblica, rispetto a episodi di discriminazioni e abusi.