A casa, nel mondo

dal Washington Post

“Mentre il dibattito sull’immigrazione nazionale ruota intorno allo sforzo di scoraggiare l’immigrazione clandestina separando le famiglie alla frontiera, l’amministrazione Trump sta compiendo passi in avanti verso la realizzazione di un’altra priorità di lunga data: ridurre l’immigrazione legale”.

Così inizia un articolo pubblicato sul Washington Post dello scorso 2 luglio.

Secondo un’analisi dei dati del Dipartimento di Stato portata avanti dalla testata americana, il numero di persone che ottengono visti per trasferirsi permanentemente negli Stati Uniti ha registrato una caduta del 12% nei primi due anni di presidenza Trump.

Ad essere più colpiti risultano i Paesi a maggioranza musulmana presenti nella cosiddetta “Muslim ban list” del Presidente USA – Yemen, Siria, Iran, Libia e Somalia – dove il numero di nuovi arrivi negli Stati Uniti sta calando vertiginosamente: si prevede una diminuzione dell’81% entro il 30 settembre, fine del secondo anno fiscale sotto Trump.

In generale, si legge, i flussi migratori legali provenienti da tutti i Paesi a maggioranza musulmana risultano in procinto di scendere di quasi un terzo.

L’amministrazione Trump, continua il Washington Post, ha sostenuto che le sue politiche di immigrazione sono guidate da preoccupazioni per la sicurezza nazionale e uno sforzo per preservare posti di lavoro per gli americani.

L’analisi del Post ha rilevato che, in generale, anche i flussi migratori dai Paesi che non subiscono il “travel ban” presidenziale sta subendo un forte declino – inclusi i flussi provenienti da quasi tutti i Paesi che in genere erano soliti ottenere il maggior numero di visti negli Stati Uniti. Anche il numero di visti concessi a persone provenienti da Messico, Repubblica Dominicana, Filippine, Cina, India, Vietnam, Haiti, Bangladesh, Giamaica, Pakistan e Afghanistan è diminuito. Il numero di visti approvati per i migranti di origine africana, prosegue il Post, è in calo del 15%. Nel frattempo, il flusso di immigrati legali dall’Europa è leggermente aumentato, sebbene il numero totale di visti sia ancora molto inferiore a quello di Africa, Asia e America Latina.

Il numero di persone fermate cercando di attraversare il confine illegalmente dal Messico è diminuito vertiginosamente durante il primo anno fiscale di Trump. Mentre esperti esterni sospettano che la retorica anti-musulmana e anti-immigrazione di Trump abbia scoraggiato l’immigrazione legale, gli stessi esperti hanno anche ammonito che gli accumuli delle richieste e i tempi di elaborazione dei visti sono così ampi che persino un significativo calo di candidati non deve lasciar credere ad una riduzione drastica dell’immigrazione nello stesso anno delle emissioni di visti per per gli immigrati.

Trump ha costantemente sottolineato, continua il quotidiano, la sua intenzione di trasformare il sistema di immigrazione degli Stati Uniti in un sistema basato su di un presunto “merito” piuttosto che sui legami familiari, preferendo concedere “accoglienza” a coloro in possesso delle competenze e le risorse finanziarie desiderate, e che parlino anche inglese.

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione Trump ha dichiarato di aver pianificato di realizzare questo obiettivo in parte eliminando un vasto sottogruppo di visti basati sui legami familiari, insieme alla lotteria per i visti sulla diversità, che fornisce ogni anno circa 50.000 visti a cittadini stranieri di nazionalità sottorappresentate.

Alla domanda se i numeri in calo, a livello sia regionale che nazionale, siano il risultato di intenzioni politiche ben precise, conclude il Post, uno dei funzionari di alto livello dell’amministrazione ha affermato che il sistema governativo per la gestione dei visti è “completamente egualitario”.

“Nessuno nel nostro governo sta emettendo alcun giudizio basato sulle caratteristiche nazionali di nessuno – non esiste alcuna forma di discriminazione tollerata”, ha detto il funzionario. “Ciò di cui stiamo parlando è l’applicazione obiettiva delle leggi degli Stati Uniti e la realizzazione di determinazioni di sicurezza nazionale assolutamente oggettive basate su fatti del mondo reale e nient’altro”.

Lo spostamento dell’immigrazione legale, sottolinea il Post nella sua analisi, è un’inversione di tendenza rispetto al 2016, il livello più alto degli ultimi decenni. Già durante la campagna presidenziale del 2016, Trump – che allora aveva ripetutamente criticato il tasso di immigrazione sotto l’amministrazione Obama come pericoloso e incontrollato – perorava la causa “una chiusura totale e completa dei musulmani che entrano negli Stati Uniti”, promettendo di portare “un controllo estremo” e di tenere fuori quelli che non condividono “i nostri valori”. La narrativa utilizzata, insomma, è quella che conosciamo fin troppo bene anche in Europa: l’immigrazione costituisce una minaccia per la sicurezza dei “nostri” popoli e per l’integrità delle “nostre” economie e dei “nostri” valori – e, in quanto tale, va combattuta ed ostacolata con ogni mezzo.

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Immagine da Flickr.