A casa, nel mondo

Il 27 e 28 febbraio a Bruxelles e a Liegi, ITACA, insieme all’ANPI Belgio e all’INCA Belgio, ha organizzato la presentazione del libro “Il barbiere zoppo” dello scrittore Gino Marchitelli. Un’occasione per ritrovarsi e discutere insieme di Resistenza, antifascismo, solidarietà e diritti

Due serate, due città del Belgio, due “comunità”.

Due serate d’intensa partecipazione, di scambio e di riflessione, due città vicine e lontane, casa di migrazioni “vecchie” e “nuove”, entrambe alla riscoperta di radici, valori e visioni comuni.

La presentazione del libro “Il barbiere zoppo” dello scrittore Gino Marchitelli, che ITACA ha organizzato insieme a ANPI Belgio e INCA Belgio nelle serate di mercoledì 27 e giovedì 28 febbraio a Bruxelles e a Liegi è stata, per noi, un’occasione straordinaria.

L’occasione – e sono sempre più numerose – di dare e darci, insieme, una risposta affermativa e “corale”, forte, alla domanda: ma noi, oggi, abbiamo la forza e la capacità di parlare di Resistenza e antifascismo – e, non solo, di tradurre e declinare i valori della Resistenza e dell’antifascismo nel nostro agire nel mondo?

La risposta, come dicevo, è venuta da sé: eccome, se l’abbiamo.

Ne abbiamo ogni minuto di più – e forse, in queste righe, riuscirò a sintetizzare anche il perché.

Il romanzo di Marchitelli racconta la storia di una ragazza, Lidia, che dalla Puglia degli anni ’60 si trova ad affrontare un viaggio che la porterà in un paesino delle Marche alla scoperta delle proprie radici, della propria storia familiare e di quella del nostro Paese, della lotta al nazifascismo, della Resistenza.

Scopre tutto questo, Lidia, grazie al ritrovamento di un diario che la trasporta nell’Italia del 1937, dove a poco a poco apprende dei crimini disumani commessi dal regime fascista. Scopre tutto questo, Lidia, grazie anche all’incontro con amici e compagni che le raccontano pezzi di storie, pezzi di storie di vite e di persone che all’orrore di quel regime decisero di opporsi.

Uno dei paragrafi cruciali del romanzo – uno di quelli in cui la protagonista, alla quale ci si è ormai affezionati sin dalle prime righe, inizia a percepire sempre più netta la definizione del proprio “posto nel mondo” – s’intitola “Il percorso collettivo, la scoperta” e racconta uno dei tanti momenti di vita del club, il nuovo gruppo di amici che la protagonista ha conosciuto durante il suo viaggio sulle tracce della propria storia. Insieme a loro Lidia scopre due elementi essenziali nel processo di crescita e, in generale, nella vita di ogni donna e ogni uomo: la musica rock e la dimensione, appunto, “collettiva”.

Quello spazio sicuro, fatto di compagni e compagne, di uomini e donne con cui discutere, condividere riflessioni, dubbi, storie, con cui costruire e sbriciolare fino a demolirle, per poi ricostruirle di nuovo, idee e visioni del mondo. Con cui provare a capire, insieme, come metterle in pratica e come difenderle, quelle idee.

Con cui dirsi e sentire sempre che, difronte alle difficoltà, non siamo soli.

Ed è un po’ quello che, speriamo, siamo riusciti a fare nel corso di queste due serate: creare occasioni, spazi, momenti di riflessione e discussione collettivi e aperti a chiunque avesse voglia di affacciarsi e prendere le misure, per capire se magari, quello spazio, potesse sentirlo anche un po’ il suo.

Lo abbiamo fatto la prima sera a Bruxelles, al Pianofabriek, un centro culturale fiammingo nel cuore del comune di Saint Gilles, una fucina di idee e progetti in cui giovani e comunità di ogni provenienza s’incontrano con gli abitanti della città e del quartiere, in uno spazio di aggregazione interculturale, festivo, aperto. A parlare del libro di Gino Marchitelli insieme a noi, Filippo Giuffrida (Presidente ANPI Belgio) e Eleonora Medda (Coordinatrice INCA Belgio), con cui abbiamo discusso insieme ad un pubblico composto specialmente di ragazze e ragazzi: “giovani migranti” che vivono, studiano, costruiscono una famiglia, lavorano o cercano lavoro nella capitale dell’Europa e che sentivano e sentono, forte, il bisogno e la voglia di confrontarsi sulla memoria per affrontare insieme il presente.

Lo abbiamo fatto poi la sera successiva a Liegi, casa di una sede “storica” dell’emigrazione italiana, l’associazione Leonardo Da Vinci. Ad accoglierci stavolta, insieme a Lidia Agnello dell’INCA di Liegi, è stato un folto gruppo di rappresentanti della cosiddetta “vecchia emigrazione”, che hanno partecipato all’iniziativa in un dibattito straordinariamente ricco e appassionato sul significato dell’antifascismo, della solidarietà e dell’accoglienza nel mondo di ieri e in quello di oggi, felici ed orgogliosi che la loro eredità venga raccolta, trasmessa, coltivata.

Insomma, trovarci in questi contesti a parlare di Resistenza, antifascismo, migrazioni, diritti e antirazzismo, ci ha proprio fatto bene.

Ci ha fatto bene per tanti motivi, ma soprattutto perché ci ha dato modo di realizzare ancora una volta e convincerci sempre più che l’idea del mondo in cui crediamo non è affatto solo un’idea ma è, ogni giorno di più, la realtà: quella di un mondo che alle difficoltà e ad un contesto sociale che spinge l’individuo all’isolamento e all’identificazione del “nemico” nel suo simile, risponde con il confronto anziché con la paura. Quella in cui ai problemi e alle sfide si reagisce non chiudendosi e, anzi, facendo l’esatto contrario: aprendo porte, facendo rete con tutte quelle persone e realtà che pensano che la risposta sia impegnarsi quotidianamente per creare una società aperta, inclusiva, che promuova e renda possibile l’integrazione di tutti in comunità solidali ed accoglienti.

Ci ha fatto bene perché abbiamo potuto constatare che – in Belgio ed altrove – quelle persone e quelle realtà sono sempre più numerose e sono sempre più forti.

Ci ha fatto bene, a maggior ragione, perché sappiamo benissimo che oggi, davanti alle sfide che il mondo ci pone, soprattutto sui temi della mobilità, delle migrazioni, dei diritti e dell’integrazione, nessuno può – o deve – farcela da solo.

Ed è per questo che l’ANPI è, in questo, nostro “interlocutore naturale”. Non solo per il lavoro – cruciale – sulla memoria, ma anche per l’attualità dei valori e delle istanze che rappresenta e difende.

Oggi che rinnovate forme di fascismo e di razzismo si riaffacciano con prepotenza in Italia e in tutta Europa, oggi che chiunque sia migrante, straniero, diverso, è respinto ed escluso da quei governi e quelle politiche che fanno dell’odio e della paura il loro paradigma del linguaggio e dell’agire del più forte contro il più debole, l’ANPI per noi non può che voler dire “casa”.

La casa di chiunque, come noi, creda nella costruzione di una società e di un mondo che alle politiche securitarie, alla cultura del nemico, ai modelli sociali anti-solidaristici, contrappone la cultura della solidarietà, della giustizia sociale, dell’accoglienza.

Eccola, quindi, la nostra forza e capacità di portare la Resistenza e l’antifascismo nel nostro agire: sta in ognuna di quelle donne e in ognuno di quegli uomini che credono che quell’idea di mondo e di società si possa realizzare solo se lo si fa insieme.

E quelle donne e quegli uomini sono tantissimi.