A casa, nel mondo

Diritti, uguaglianza, parità di genere. Riflessioni oltreconfine per l’8 marzo

Marta Corato e Chiara Paolella

 

La Giornata internazionale della donna non si “festeggia”: nel 2020 dobbiamo continuare a lottare

di Marta Corato

È difficile definire con precisione l’origine della Giornata internazionale delle donne. Tra gli elementi spesso citati ci sono elementi di origine socialista – il Woman’s Day organizzato a inizio ‘900 dalla socialista statunitense Corinne Brown, ma anche la Conferenza di Copenaghen del 1910 dove la Giornata internazionale era «stata assunta come risoluzione». Nel frattempo, in vari Paesi europei si erano iniziate a formalizzare Giornate della donna e si erano tenuti significativi scioperi e manifestazioni per i diritti delle donne.

Il 12 marzo 1922 (la domenica successiva all’8 marzo) si tenne la prima Giornata internazionale della donna in Italia, su iniziativa del Partito comunista d’Italia. L’8 marzo 1945 la neonata Unione Donne in Italia organizzò la “Giornata della donna” nelle zone dell’Italia libera.

Già nel 1959 le senatrici Luisa Balboni, comunista, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni (anche loro socialiste) presentarono una proposta di legge per trasformare la giornata della donna in una festa nazionale, ma l’iniziativa non trovò appoggio. La giornata delle donne ritrovò forza negli anni ’70, con la crescita della seconda ondata femminista in Italia come nel resto del mondo occidentale.

La formalizzazione dell’8 marzo come lo conosciamo oggi avvenne il 16 dicembre 1977, con la risoluzione 32/142 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che propose di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”.

In molti contesti, e nonostante la rinascita dei movimenti femministi dell’ultimo decennio, la Giornata internazionale della donna non viene vista nell’ottica di rivendicazione politica con cui è nata, ma come un giorno in cui regalare dei fiori alle donne nella propria vita e, un giorno all’anno, riconoscere la loro importanza – o anche solo il fatto che esistano.

Questo rispecchia, in effetti, la ragione per cui la Giornata internazionale della donna sia ancora essenziale: le donne devono avere un giorno “speciale” per non essere ignorate, cancellate, calpestate.

La Giornata internazionale della donna esiste, sin dagli inizi, come simbolo per la lotta per la parità di genere e i diritti delle donne. In tutto il mondo le donne sono ancora enormemente svantaggiate nel lavoro, nell’educazione, nella salute, nei diritti civili. Non stiamo parlando solo di Paesi lontani e “altri”: il primo mondo occidentale è ancora un posto tremendo per essere una donna, anche dopo più di un secolo di lotta femminista.

Secondo il World Economic Forum, il gender gap (la differenza tra quanto venga pagata una donna e un uomo per la stessa mansione) verrà eliminato tra almeno 99.5 anni. Il paese migliore al mondo è l’Islanda, che ha quasi del tutto eliminato il gender gap; l’Italia è al settantaseiesimo posto e ha perso sei posizioni dallo scorso Global Gender Gap Report.

La violenza sulle donne è ancora un problema dilagante e largamente ignorato. Secondo dati statistici della Polizia, 88 donne ogni giorno sono vittime di violenza domestica in Italia – una ogni quarto d’ora.

A livello mondiale, secondo le Nazioni Unite, il 58% degli omicidi di donne nel 2017 è stato commesso dal partner, da un ex partner o da un familiare. Dati Istat sul femminicidio dicono che in Italia “delle 133 donne uccise nel 2018, l’81,2% è stata uccisa da una persona conosciuta. In particolare, nel 54,9% dei casi dal partner attuale o dal precedente.” Nel 2020 sono già state uccise 14 donne.

La risposta dell’Italia è chiudere e mettere all’asta uno dei pochissimi centri antiviolenza nel territorio nazionale, Lucha y siesta, sgomberato e messo all’asta dal Comune di Roma invece di essere utilizzato come esempio di quello di cui il Paese ha bisogno.

Questo è ancora più rivoltante visto nell’ottica della Convenzione di Istanbul del 2013, che raccomanda di avere un centro anti-violenza ogni diecimila abitanti. Al 31 dicembre 2017, in Italia c’erano 281 centri antiviolenza, ovvero 0,05 centri ogni diecimila abitanti.

L’Italia è l’ultimo Paese in Europa per il tasso di occupazione femminile, sintomo di un panorama lavorativo totalmente ostile alle donne, in cui pochi anni fa una donna su quattro abbandonava il lavoro per motivi familiari e al 2018, più dell’11% delle donne italiane non ha mai fatto ingresso nel mercato del lavoro per via dei figli.

Ma le disparità e i soprusi non sono per forza sulla prima pagina dei giornali ogni giorno: si pensi al fatto che l’applicazione della legge 194 sull’aborto è un miraggio con quasi il 70% di ginecologi obiettori di coscienza (picco del 96,4% in Molise), all’IVA sugli assorbenti al 22% come se fossero beni di lusso (abbassata solo su quelli biodegradabili, già poco accessibili alle persone nelle fasce di reddito più basse) , al trauma nascosto della violenza ostetrica, a quello che ci dice sulla mentalità oggettificante dell’uomo medio italiano nei confronti delle donne il fatto che a Sanremo le qualità importanti delle donne siano essere “bellissime” e capaci di stare “un passo indietro” rispetto al loro partner uomo, e che questo sia a malapena fonte di sorpresa.

Questo è solo un Paese, per giunta del primo mondo: si immagini quanto siano variegati e profondi i problemi e le preoccupazioni delle donne a livello globale (per un assaggio c’è questo studio di Ipsos Mori del 2019). L’ONU ci ricorda che 2.7 miliardi di donne non hanno legalmente accesso agli stessi lavori degli uomini, che nel 2019 a livello mondiale solo 25% dei parlamentari erano donne, che una in tre donne al mondo ha subito violenza di genere.

Il consenso globale emerso è che, nonostante alcuni progressi, il vero cambiamento sia stato dolorosamente lento per la maggior parte delle donne e delle ragazze del mondo. A oggi, nessun Paese può affermare di aver raggiunto la parità di genere. Multipli ostacoli rimangono invariati nella legislazione e nella cultura. Le donne e le ragazze continuano a essere sottovalutate; lavorano di più e guadagnano di meno e hanno meno scelte; e sperimentano molteplici forme di violenza a casa e negli spazi pubblici. Inoltre, esiste una significativa minaccia di regressione delle conquiste femministe duramente guadagnate.

Ma l’obiettivo dell’ONU di raggiungere la parità di genere entro il 2030 si è già provato più difficile del previsto, se non impossibile, da ottenere.

Per la Giornata internazionale della donna non dobbiamo solo “festeggiare” le donne attorno a noi e regalare fiori, ma chiedere scusa alle donne del passato, del presente e nel futuro, e impegnarci per migliorare la loro condizione nel mondo. Meno gesti vuoti, più lotta civile.

LA FESTA INTERNAZIONALE DELLE DONNE CI RICORDA CHE ANCORA C`E MOLTO DA FARE
Perché è ancora cosi importante lottare per la parità di genere?

di Chiara Paolella

Il tema di quest’anno per la giornata Internazionale delle donne è #EachforEqual, un messaggio che ha lo scopo di chiamare in causa tutti e responsabilizzare ciascuno di noi per un mondo con più parità di genere. L’evento non ha confini geografici ma è di natura globale e transazionale, senza limiti di spazio, coinvolgendo tutti coloro che sentono vicina la causa a prescindere dalla loro provenienza.

In un periodo storico dove si tende sempre di più a ritirarsi a vita privata, piuttosto che impegnarsi politicamente e socialmente in cause collettive, il frame della giornata internazionale delle donne di quest’anno va esattamente nella direzione opposta. I motivi possono essere diversi, tra cui sicuramente la presa di coscienza del fatto che si tratti di un problema sociale con radici storiche ben profonde e per questo motivo difficile da debellare, se non con uno sforzo individuale per modificare pratiche quotidiane considerate dannose per il raggiungimento della parità di genere.

Dal report del World Economic Forum si evince che prima di arrivare ad una uguaglianza tra generi bisognerà aspettare come minimo 118 anni, ovviamente una previsione che varia a seconda dei contesti ma rende l’idea di quanto sia importante adottare un piano strategico di lungo periodo affinché il cambiamento sia davvero utile a debellare l’ingiusta piaga sociale del Gender Gap.

D’altronde l’efficacia del cambiamento dipende da quanto questo riuscirà a modificare pratiche culturali, spesso anche involontarie e quindi ancora più difficili da cambiare, perché ormai sedimentate nella società. Tutto ciò dovrebbe essere svolto su due livelli, quello individuale attraverso una riflessione sui comportamenti quotidiani al fine di interrompere una sequenza di cattivi stereotipi nei quali la donna spesso è vittima, e sul piano istituzionale auspicando un piano affinché anche le donne possano ricoprire cariche di leadership allo stesso modo e con le stesse opportunità dei colleghi uomini. Nello scenario politico globale, attualmente, ci troviamo di fronte una predominanza di uomini che tendono a imporre in maniera prepotente il proprio potere con il risultato di una deriva populista e autoritaria e una scarsa attenzione alle politiche sociali e umanitarie.
Da questi presupposti parte l’idea del nome della campagna che quest’anno è stata lanciata in occasione della Festa Internazionale della Donna, ogni persona (each) all’interno di una collettività può dare il suo supporto per far si che questo cambiamento avvenga.

I report del Global Gender Gap annuali effettuano statistiche sul grado di diseguaglianza tra generi e utilizzano diversi indicatori tra cui il livello di istruzione e la partecipazione politica e economica, in 153 paesi diversi. L’Italia rispetto alla media europea è quella con il risultato peggiore, 117esima nella classifica. Le variabili che rendono il punteggio complessivo inferiore rispetto agli altri stati membri dell’Unione Europea sono gli indicatori di partecipazione economica e lavorativa del genere femminile all’interno del nostro paese. Salari non equiparati, come anche la percentuale di forza lavoro tra donne e uomini e l’inferiorità del numero di donne che ricoprono cariche professionali importanti sono tutti gli indicatori che incidono sul risultato finale. Per recuperare questa disparità il cambiamento deve partire da un livello strutturale e quindi la presa in carico da parte delle istituzioni di un serio impegno a garantire una crescita e un livello di istruzione uguale tra generi.

Davanti a questo quadro generale per adesso non si intravedono iniziative istituzionali di lungo periodo in favore di un pieno raggiungimento della parità di genere, in compenso sono molte le iniziative che partono dal basso con attività di informazione e sensibilizzazione, tra cui, naturalmente, le varie manifestazioni in molte città del mondo durante la giornata dell`8 Marzo. La questione è sicuramente tornata ad essere uno dei “temi caldi” a livello internazionale in anni recenti (sopratutto in seguito alla grande manifestazione del #metoo); questa attenzione però non ha avuto l`effetto sperato, ossia una risposta concreta da parte dei governi ad attuare politiche concrete in favore delle donne e per colmare il Gender Gap.

Quindi, a chiunque oggi si chieda se e quanto sia ancora importante la Giornata Internazionale per i Diritti delle Donne, la mia risposta è semplice: lo è, lo è ancora molto. Questa giornata è ancora estremamente importante, perché, come ci ricordano continuamente i dati statistici, ma soprattutto gli ostacoli e gli esempi concreti nella vita di ogni giorno, in Italia – ma anche in larga parte del resto d’Europa e del mondo, si è ancora troppo lontani dal raggiungimento della parità di genere: si è ancora troppo lontani da un’uguaglianza che sia reale, piena ed effettiva e si traduca in uguali opportunità diritti e tutele per tutte e tutti.