Il 23 marzo 2020 – dieci giorni dopo aver chiesto ai cittadini britannici di “prepararsi a perdere i propri cari prima del dovuto” – il Primo Ministro Boris Johnson ha annunciato il lockdown generale, abbandonando la strategia dell’immunità di gregge per affrontare la pandemia del Coronavirus.
Nel corso dei successivi tre mesi molte compagnie hanno chiuso o tagliato drasticamente il personale, migliaia di persone sono finite in cassa integrazione o, peggio ancora, sono rimaste senza lavoro e senza reddito. Come prevedibile quindi le richieste di assistenza verso i nostri uffici Inca Cgil di Londra e Manchester – già alle prese con le vicissitudini legate alla Brexit – sono aumentate vertiginosamente. Mentre la quasi totalità degli uffici pubblici, centri per l’impiego e sportelli di consulenza chiudevano, attenendoci alle disposizioni governative sul lavoro da casa i nostri operatori sono stati formati ed equipaggiati per processare online centinaia di domande di Universal Credit, la prestazione assistenziale britannica volta ad assistere finanziariamente chi ha visto drasticamente ridotte le proprie entrate o ha avuto difficoltà a sostenere i costi relativi all’abitazione.
Nel frattempo il Governo ha lanciato due importanti schemi a sostegno dell’occupazione: il Coronavirus Job Retention Scheme per i lavoratori dipendenti ed il Self-employment Income Support Scheme per i lavoratori autonomi. Visto l’elevato numero di telefonate ricevute, assieme all’associazione Settled/The 3 Million, alla Camera di Commercio ed al Consolato Italiano in Scozia abbiamo organizzato due webinar informativi, uno in italiano e uno in inglese, per spiegare alla comunità come accedere a questi aiuti.
“Furlough” (ovvero la cassa integrazione nel mondo anglosassone) è diventata la parola sulla bocca di tutti, prima di allora pressoché sconosciuta nel vocabolario inglese. Molti di coloro che sono stati costretti alla cassa integrazione o al lavoro da casa hanno deciso di rientrare in Italia con gli scarsi voli ancora disponibili, per evitare di continuare a pagare gli alti costi di affitto delle stanze o case, ma anche preoccupati dall’andamento della pandemia nel paese che ha registrato il più alto numero di morti in Europa (ad oggi oltre 41000). È stato in questo momento che è tornato alla ribalta il tema del Settled e Pre-Settled Status, ovvero il sistema di registrazione della residenza per i cittadini europei in Regno Unito da completare entro giugno 2021 per evitare di diventare “residenti illegali” a seguito della Brexit.
Il nostro Sportello Settled Status ha continuato ad operare attraverso appuntamenti in videochiamata via Skype e Zoom, per assistere con le registrazioni e spiegare ai connazionali di fare attenzione a non assentarsi dal paese per più di sei mesi consecutivi durante la pandemia, pena il rischio di perdere la possibilità di trasformare il proprio status di residente temporaneo (per coloro presenti sul suolo britannico da meno di 5 anni) in permanente.
Nonostante nell’Accordo di Recesso del Regno Unito dall’Unione Europea sia scritto che i cittadini con Pre-Settled e Settled Status hanno uguali diritti nell’accesso ai welfare benefits, in realtà molti richiedenti lo Universal Credit in possesso del Pre-Settled Status si sono visti rifiutare la propria domanda e si sono conseguentemente rivolti a noi per assistenza e ricorsi contro le domande rigettate. Come era già successo all’inizio dell’anno, molte organizzazioni non governative e alcuni giornalisti ci hanno contattato per un parere sulla vicenda e sui numerosi articoli apparsi in merito. Abbiamo dunque spiegato che la realtà dell’accesso alle prestazioni assistenziali è più complessa di quanto sembri, ed è proprio per questo che è importante rivolgersi alla consulenza professionale del Patronato Inca – presente in tutto il mondo grazie alla rete promossa da ITACA – prima di presentare tali domande.
Mentre le scuole hanno riaperto, il Regno Unito si prepara al primo autunno di convivenza con il nuovo Coronavirus. Con una gestione della pandemia a dir poco preoccupante sia da parte delle istituzioni che da parte del pubblico (l’utilizzo delle mascherine nei negozi, nei luoghi ad alta frequentazione o sui mezzi di trasporto è ancora largamente inferiore a quanto avviene in Italia), il ridimensionamento dei programmi di aiuti governativi all’economia e l’avvicinarsi della fine del periodo di transizione post-Brexit, nubi ancora più scure del solito si addensano sui cieli britannici. I mesi a venire costituiranno una sfida senza precedenti per la nostra attività di assistenza, ma grazie all’impegno e al talento dei nostri operatori e alla rete che abbiamo costruito nel tempo assieme a tante altre organizzazioni della società civile ci auguriamo di poter offrire supporto a tutti coloro che si rivolgeranno a noi nel prossimo futuro.