Il 25 ottobre, in contemporanea in tutte le regioni italiane, è stato presentato il “Dossier Statistico sull’immigrazione 2018”, a cura di Idos e Confronti, con l’obiettivo di fornire un dipinto dettagliato dei residenti stranieri in Italia.
Ai tempi dell’informazione digitale che ha contribuito purtroppo alla divulgazione di notizie alterate e distorte che hanno sempre più l’effetto di suscitare nei lettori un sentimento di odio e di paura nei confronti dell’“altro” e del “diverso”, diventa sempre più pressante la necessità di farsi portavoce di notizie che, dati alla mano, mostrino un’immagine autentica del fenomeno migratorio in Italia.
Secondo quanto anticipato dal comunicato stampa del Centro Studi e Ricerche Idos del 23 ottobre, colpisce che nel 2017 il numero degli italiani residenti all’estero (oltre 5.114.000 secondo l’Aire) sia analogo a quello degli stranieri residenti in Italia (5.144.000). Ma mentre gli italiani all’estero sono aumentati di circa 141.000 unità in un anno (+2,9%), gli stranieri in Italia sono diminuiti di 203.000 unità nello stesso periodo, nonostante le 147.000 acquisizioni di cittadinanza italiana avvenute nel 2017 da parte di cittadini stranieri residenti in Italia.
Riportiamo di seguito un breve riassunto del “Dossier Statistico sull’immigrazione 2018”.
L’INVASIONE CHE NON C’È
L’ultima relazione della Commissione parlamentare Jo Cox sulla xenofobia e il razzismo attesta che l’Italia è il paese del mondo con il più alto tasso di disinformazione sull’immigrazione. Per cui, gli italiani risultano essere i cittadini europei con la percezione più lontana dalla realtà riguardo al numero di stranieri che vivono nel paese, credendo che ve ne siano più del doppio di quelli effettivamente presenti.
Idos stima in 5.333.000 il numero effettivo di cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia nel 2017, 26mila in meno rispetto alla stima del 2016. Per fare un parallelo con altri Paesi europei, in Germania sono 9,2 milioni, nel Regno Unito 6,1 milioni. E ancora: l’Unhcr stima in 354.000 i richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale o umanitaria presenti in Italia, lo 0,6% dell’intera popolazione del Paese. Veniamo dopo la Germania (1,4 milioni) e la Francia (400mila). Insomma, scrivono gli analisti, l’Italia non detiene alcun record europeo: non è né il Paese con il numero più alto di immigrati, né quello che ospita più rifugiati e richiedenti asilo.
CARATTERISTICHE, PROVENIENZE E DISTRIBUZIONE
Secondo quanto riportato nel Dossier, provengono da 200 Paesi diversi i migranti attualmente residenti in Italia. La percentuale maggiore è costituita dai romeni, seguiti da albanesi, marocchini, cinesi e ucraini. Inoltre, nonostante la sola città metropolitana di Roma ospiti il 10,8 % di tutti gli stranieri residenti in Italia, la meta preferita dagli immigrati resta il Centro-Nord che raggiunge una percentuale dell’83,1 %.
Tra le caratteristiche della popolazione immigrata che meritano particolare attenzione si segnale, da una parte, il fatto che in Italia il numero dei nati da genitori entrambi stranieri diminuisce costantemente di anno in anno dal 2013. Un secondo aspetto rilevante è che, in questi recentissimi anni, appare in crescita il numero di persone che lasciano l’Italia per trasferirsi all’estero, non solo italiane ma anche straniere o italiane di origine straniera, cioè diventate italiane per acquisizione della cittadinanza.
UN’INTEGRAZIONE INCOMPIUTA
Nonostante l’inserimento, all’interno della società italiana, di più di 1 milione di stranieri che hanno acquisito la cittadinanza e dei quali più di mezzo milione siede tra i banchi di scuola, restano ancora tanti i problemi relativi alla gestione e all’ accoglienza cui far fronte prima di poter intravedere una reale integrazione.
Problemi di scarsa integrazione o discriminazione permangono anche in vari ambiti di inserimento sociale. Ancora si riscontrano, ad esempio, disparità nell’accesso a misure assistenziali o a servizi essenziali di welfare, come gli asili nido, le mense scolastiche, i bonus bebè e i sostegni per famiglie indigenti.
A preoccupare, si legge nel Dossier, è l’aumento di episodi e atteggiamenti discriminatori su internet e dei discorsi d’odio razzista, spesso sulla base di rappresentazioni distorte che riguardano anche la religione di appartenenza, fomentando l’idea che l’Italia sia “invasa da musulmani”, mentre tra gli immigrati i cristiani sono la maggioranza assoluta (2.706.000, pari al 52,6% del totale), con preminenza degli ortodossi (1,5 milioni) e dei cattolici (oltre 900.000). Gli stranieri di religione musulmana, precisa il Dossier, sono 1 ogni 3.
IL LAVORO: NESSUNA COMPETIZIONE CON GLI ITALIANI
Va sottolineato come la maggior parte di questi stranieri svolga professioni poco qualificate o operaie. Per l’appunto, è straniero il 71 % dei collaboratori domestici e familiari, quasi la metà dei venditori ambulanti, più di un terzo dei facchini, il 18,5% dei lavoratori negli alberghi e ristoranti (per lo più addetti alle pulizie e camerieri), un sesto degli edili e degli agricoltori.
Il dossier rileva inoltre che la scarsa mobilità professionale degli stranieri, tipica di un mercato rigidamente stratificato come quello italiano, inchioda le lavoratrici e i lavoratori stranieri in situazione di subordine, che si riflette nel differenziale retributivo: in media, un dipendente italiano guadagna il 25,5% in più rispetto a uno straniero (1.381 euro mensili contro 1.029), mentre le donne straniere guadagnano in media il 25,4% in meno rispetto ai connazionali di sesso maschile.
Un riflesso di questa disparità si osserva nel differenziale di reddito dichiarato: nel 2016, quello dichiarato da cittadini stranieri è stato complessivamente di 27,2 miliardi, pari a una media annua pro capite di 12.000 euro inferiore di quasi 10.000 euro a quella degli italiani (circa 21.600 euro).
Su tali redditi, spiega il dossier, i contribuenti stranieri hanno versato Irpef per 3,3 miliardi di euro che, sommati ad altre voci di entrata, riconducibili a cittadini stranieri (tra cui 320 milioni solo per i rilasci/rinnovi dei permessi di soggiorno e le acquisizioni di cittadinanza e 11,9 miliardi come contributi previdenziali), assicurano all’erario italiano un introito di 19,2 miliardi di euro che, confrontati con i 17,5 miliardi di spesa pubblica dedicata agli immigrati (il 2,1% dell’intera spesa pubblica nazionale), offrono un saldo positivo per casse dello Stato italiano di un importo che oscilla tra 1,7 e 3 miliardi di euro.
“Sono dati che ci parlano della cruciale importanza delle politiche di integrazione, di cui oggi nessuno parla più e su cui sempre meno i governi intendono investire”, ha spiegato Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, aggiungendo, inoltre: “i numeri non bastano più: abbiamo bisogno di esempi, di testimoni, di buone prassi che mostrano in maniera concreta e tangibile che l’integrazione è possibile”.
“Nell’integrazione”, conclude Di Sciullo, “si vince insieme, perché, a dispetto di tutti i tentativi di imbastire conflitti sociali tra categorie ugualmente svantaggiate, i destini di italiani e immigrati sono già intrecciati nella nostra società”.
La sintesi del dossier è disponibile sul sito di Idos